Per un articolo, tralasciamo scrittori e autori, ed avventuriamoci in un campo un po’ meno noto della letteratura: la bibliomanzia. Un termine difficile a prima vista, ma che, vedremo insieme, non è così remoto… Dunque, iniziamo con un esempio pratico.
Qualcuno fra voi ricorderà, forse, un simpatico libro che era in gran voga qualche anno fa: non narrava storie e nemmeno approfondiva questioni, semplicemente aveva delle frasi (una per pagina) che avrebbero costituito la risposta attesa per la domanda che il lettore avrebbe formulato, prima di aprire a caso il manuale.
Come avrete capito, la bibliomanzia non è altro che la pratica di interrogare un libro su una questione e, in base alla pagina che si apre, prendere le frasi contenute come una risposta al quesito. Detto così, sembra un gioco, qualcosa di moderno, appena inventato.
La bibliomanzia, antica pratica nota dall’antichità
E, invece, ci sono tracce della bibliomanzia che ci portano indietro fino all’antico Egitto ed arrivano fino ai giorni nostri; il filo rosso che collega questa pratica nel tempo è sì la volontà di cercare risposte o trovare conferme nei testi, ma anche l’utilizzo di testi significativi e adeguati per lo scopo.
Nel passato più lontano, chi cercava risposte nelle pagine di un libro utilizzava i testi di Omero o di Esiodo. Col passare del tempo, si aggiunse Virgilio, mentre con l’affermarsi del cristianesimo prese piede anche la Bibbia. Si dice, ad esempio, che Sant’Agostino fosse solito ricorrere a questa pratica.
Gli scrittori che hanno fatto ricorso alla bibliomanzia
Stupirà, forse, apprendere che la bibliomanzia è stata utilizzata con larghezza anche dagli scrittori. Fra questi, uno dei più assidui è stato Philip Dick, lo scrittore fantascientifico che, fra le altre opere, ci ha lasciato “La svastica sul sole”.
Nel romanzo, spesso i personaggi ricorrono all’utilizzo del libro I Ching per trovare risposte alle domande che, in un futuro dispotico dove Hitler ha vinto la Seconda Guerra Mondiale, si pongono. Pare che lo stesso Philip Dick abbia più volte interrogato l’I Ching per capire se, nella sua vita, stesse percorrendo la strada giusta.
Robinson Crusoe, il naufrago più famoso della letteratura, praticava bibliomanzia; ed è curioso sapere che proprio il libro “Robinson Crusoe” di William Defoe viene utilizzato per trovare risposte nel romanzo “La pietra di luna” di Wilkie Collins.
In definitiva, la bibliomanzia è più diffusa e praticata di quanto pensassimo all’inizio di questo articolo: un’interessante scoperta che ci permette, chissà, di aprirci nuove vie per cercare risposte a domande impegnative.
Oppure, più banalmente, per dare risposte a domande piacevoli, come – ad esempio – cosa faremo nelle prossime ore o, ancora, spunti per racconti o romanzi. Dunque, lo chiediamo a un libro?
LEGGI ANCHE:
Ai confini del mondo, alla scoperta di sé stessi con Walter Bonatti
Il tempo che scorre all’incontrario: la “Fase Horbart” narrata da Philip K. Dick