Il dominio dei dinosauri iniziò dal ghiaccio e non dal fuoco: una nuova ipotesi sulla quarta grande estinzione di massa
I dinosauri scomparvero durante l’ultima delle cinque grandi estinzioni di massa nella storia della Terra ma è anche vero che al contrario sopravvissero alla quarta di queste estinzioni e anzi fu proprio l’evento che ne decretò l’ascesa a dominatori del mondo; in un nuovo studio i paleontologi ipotizzano oggi che la grande estinzione del Triassico-Giurassico si sarebbe svolta in modo diverso da quanto finora ritenuto e che i dinosauri emersero dal ghiaccio, non dal fuoco.
Verificatosi 201,6 milioni di anni fa, l’evento di estinzione fra il termine del Triassico e l’inizio del Giurassico spazzò via il 75% delle specie viventi all’epoca. Proprio in quei tempi ebbero luogo una serie di eruzioni vulcaniche di enorme portata e la frattura del supercontinente Pangea, con grandi quantità di lava che invasero la superficie terrestre mentre le masse continentali iniziarono a dividersi dirette gradualmente verso la distribuzione di continenti che vediamo oggi.
I paleontologi cercano di comprendere quale meccanismo in questo scenario abbia afflitto animali e piante portandole all’estinzione: fino a oggi si riteneva l’accumulo degli effetti delle eruzioni lungo un periodo di oltre mezzo milione di anni abbia causato l’innalzamento delle temperature e l’acidificazione degli oceani fino a livelli insostenibili per molti esseri viventi.
L’estinzione di massa del Triassico-Giurassico fu la quarta per percentuale di specie viventi scomparse
Con un’apparente contraddizione, il nuovo studio individua invece nel freddo il responsabile dell’estinzione di massa, in uno scenario che implica massicci eventi di fuoriuscita della lava vulcanica durati per non più di un secolo ciascuno. Un tempo sufficiente affinché le particelle di solfato emesse in atmosfera abbiano portato, riflettendo la radiazione solare e impedendole di giungere a terra, a una sorta di repentina era glaciale.
Il successivo aumento delle temperature avrebbe per così dire finito il lavoro (e nel tardo Triassico il livello di anidride carbonica era già triplo rispetto a oggi) ma il danno maggiore sarebbe secondo i ricercatori stato causato da questi inverni vulcanici.
“L’anidride carbonica e i solfati agiscono non solo in modi opposti, ma anche in tempi opposti. Ci vuole molto tempo perché l’anidride carbonica si accumuli e riscaldi le cose, ma l’effetto dei solfati è praticamente istantaneo. Ci porta nel regno di ciò che gli esseri umani possono [su scala temporale] afferrare. Questi eventi sono accaduti nell’arco di una vita” spiega Dennis Kent del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia Climate School nonché primo autore del nuovo studio.
Le Province Magmatiche, o Grandi Province Ignee, sono enormi accumuli di rocce magmatiche affioranti sulla crosta terrestre
CAMP è l’acronimo inglese col quale si indica la Provincia Magmatica dell’Atlantico Centrale, da lungo tempo ritenuta alla base dell’estinzione di massa del Triassico-Giurassico e ancor più dopo uno studio basato sul paleomagnetismo pubblicato nel 2013 (sempre guidato da Kent) che identificava un’inversione di polarità nei sedimenti sottostanti l’eruzione iniziale e che si sarebbe verificata nello stesso momento a livello globale.
L’analisi isotopica aveva permesso ai ricercatori di stimare l’inizio del vulcanismo a 201.564.000 anni fa, con un’approssimazione di appena qualche decina di migliaia di anni in più o in meno, ma non di determinare quanto siano state massicce e intense le eruzioni iniziali e arrivando conseguentemente a ipotizzare un lungo periodo di accumulo, dell’ordine dei millenni.
Nuove e più precise indicazioni emergono tuttavia dallo studio odierno: i dati raccolti da depositi CAMP localizzati in diverse parti del mondo (dal Marocco alla Nuova Scozia al New Jersey) rivelano allineamenti delle particelle magnetiche nelle rocce che testimoniano una deriva del polo magnetico terrestre al momento delle eruzioni.
Oggi la distanza fra il Polo Nord magnetico e quello geografico è di circa 1300 chilometri
Com’è noto le bussole non indicano esattamente il Polo Nord geografico ma quello magnetico, la cui posizione oscilla continuamente (qualche decimo di grado ogni anno). A causa di questo fenomeno, le particelle magnetiche nelle lave che si sono depositate a distanza di qualche decennio l’una dall’altra, e che sono rimaste “bloccate” in quella posizione dopo che la roccia si è solidificata, punteranno tutte nella stessa direzione mentre quelle depositate dopo un tempo dell’ordine delle migliaia di anni mostreranno una variazione fino anche a qualche decina di gradi.
I ricercatori hanno identificato cinque impulsi di lava CAMP iniziali lungo un periodo di 40.000 anni, ciascuno dei quali con le particelle magnetiche allineate nella stessa direzione; questo significa che ciascuno di questi impulsi di lava dev’essere emerso in un periodo inferiore ai cento anni, altrimenti vi sarebbero state differenze interne in tale orientamento. Perciò queste grandi eruzioni hanno rilasciato una grande quantità di solfati in un periodo così breve da causare l’oscuramento del Sole e il crollo delle temperature.
I solfati in sospensione nell’atmosfera tendono a ricadere dopo un periodo calcolabile in anni, a differenza dei secoli necessari all’anidride carbonica, con conseguente influenza di breve durata, rapide ondate di inverni vulcanici rese tuttavia devastanti dall’intensità delle eruzioni.
Un confronto è stato eseguito con un evento simile avvenuto in epoca storica, l’eruzione del vulcano islandese Laki nel 1783 che causò anni di carestia dovuta agli effetti dei solfati in atmosfera sulle coltivazioni dalla Francia (si ritiene addirittura l’eruzione del Laki sia stata la causa indiretta della Rivoluzione Francese del 1789) fino alla Cina. E si è trattato di un impulso di lava di centinaia di volte inferiore rispetto ai soli impulsi iniziali della serie CAMP del Triassico.
Gli Arcosauri erano un gruppo che includeva anche i dinosauri e gli pterosauri, i quali a differenza di molti competitori sopravvissero all’estinzione del Triassico-Giurassico
Prima dell’estinzione di massa del Triassico-Giurassico, la Terra era popolata dai gruppi di terapsidi sopravvissuti all’estinzione del Permiano, che presentavano caratteristiche intermedie tra rettili e mammiferi, e poi dal gruppo degli Arcosauri, che includeva una varietà di rettili come gli pseudosuchi, rettili simili ai coccodrilli assai diversificati che costituivano i principali predatori terrestri e semiacquatici del Triassico e occupavano una vasta gamma di nicchie ecologiche, ma anche i dinosauri e gli pterosauri.
L’estinzione di massa del Triassico-Giurassico eliminò molti dei principali competitori dei dinosauri: quasi tutti gli pseudosuchi, di cui sopravvissero solo due sottordini fra cui gli antenati dei moderni coccodrilli, e i terapsidi di cui sopravvissero solo alcuni cinodonti, peraltro antenati della specie dominante odierna, i mammiferi. Grazie a questa apertura ecologica, i dinosauri furono in grado di diversificarsi rapidamente e occupare le nicchie lasciate vuote da altre specie. Le loro caratteristiche, come le zampe erette sotto il corpo e un metabolismo più efficiente
li rendevano particolarmente adatti a sfruttare le nuove opportunità. L’estinzione di massa del Triassico-Giurassico fu un evento cruciale che permise ai dinosauri di emergere come la forma di vita dominante sul pianeta per milioni di anni.
“L’entità degli effetti ambientali è correlata alla concentrazione degli eventi. Piccoli eventi distribuiti [su decine di migliaia di anni] producono un effetto molto inferiore rispetto allo stesso volume totale di vulcanismo concentrato in meno di un secolo. L’implicazione principale è che le lave CAMP rappresentano eventi straordinariamente concentrati” conclude Paul Olsen, paleontologo presso il Lamont-Doherty Earth Observatory (New York).
Lo studio Correlation of sub-centennial-scale pulses of initial Central Atlantic Magmatic Province lavas and the end-Triassic extinctions è apparso su Proceedings of the National Academy of Sciences (ottobre 2024).
Guarda anche:
- Fagioli fossili giganti del Borneo documentano l’antica migrazione delle piante
- Nuovo studio sull’enigmatico cefalopode simile al Nautilus emerso dall’Argentina del devoniano
- Il predatore del Cambriano a forma di taco rivela le sue sorprese evolutive
- Scoperta una salamandra gigante (preistorica) che non poteva esistere