Fossile di Gaiasia jennyae

Scoperta una salamandra gigante (preistorica) che non poteva esistere

La Gaiasia jennyae, scoperta di recente, era una salamandra lunga fino a quattro metri e mezzo: con le zanne che costellavano le fauci nel suo largo capo di forma piatta ghermiva le prede che avevano la sfortuna di finire fra le sue grinfie negli ambienti lacustri e paludosi di 280 milioni di anni fa.

Il nuovo studio si basa sui fossili di almeno quattro individui di Gaiasia jennyae, tra cui frammenti di cranio e una colonna vertebrale incompleta, recuperati nella Formazione Gai-As della Namibia nordoccidentale. E qui sorge il problema: apparentemente questo predatore all’apice della catena alimentare non sarebbe potuto vivere in quel luogo e in quel tempo.

“I tetrapodi erano gli animali che strisciarono fuori dall’acqua circa 380 milioni di anni fa, forse un po’ prima” spiega Jason Pardo, ricercatore presso il Field Museum of Natural History di Chicago “Tali animali vissero fino a quella che chiamiamo la fine del Carbonifero [il Carbonifero è compreso fra 300 e 370 milioni di anni fa circa]. Pochi sopravvissero e durarono più a lungo, [i tetrapodi] si estinsero per lo più circa 370 milioni di anni fa”.

I tetrapodi erano antenati comuni agli odierni, rettili, mammiferi, anfibi e uccelli

“Quando abbiamo trovato questo enorme esemplare adagiato semplicemente sull’affioramento come una gigantesca concrezione, siamo rimasti davvero scioccati” dice Claudia Marsicano, paleontologa dell’Università di Buenos Aires. “Ho capito già solo vedendolo che era qualcosa di completamente diverso. Eravamo tutti molto emozionati.

“Dopo aver esaminato il capo, la struttura della parte anteriore del cranio ha catturato la mia attenzione. Era l’unica parte chiaramente visibile a quel tempo e mostrava delle grandi zanne intrecciate in modo insolito, creando un morso unico per i primi tetrapodi.”
Quindi non solo era ancora presente oltre cento milioni di anni più tardi rispetto a quando si riteneva si fosse estinta, ma Gaiasia jennyae era ancora un predatore di successo che dominava il suo ecosistema. È un po’ come se oggi trovassimo un luogo isolato in cui vivono ancora i dinosauri come il T. rex, similmente a quanto narrato nel celebre romanzo Il Mondo Perduto di Sir Arthur Conan Doyle, capostipite di questo sottogenere della narrativa avventuroso-fantascientifica.

“Il cranio di gaiasia che abbiamo trovato è lungo circa 67 centimetri. Abbiamo anche una parte anteriore superiore del corpo. Sappiamo che era lunga almeno 2,5 metri, ma più probabilmente 3,5 o 4,5 metri: una testa grande e un corpo lungo, simile a quello di una salamandra. Sospettiamo che gaiasia si nutrisse di pesci ossei, squali d’acqua dolce e forse anche di altre gaiasia più piccole” continua Pardo spiegando inoltre che si alimentava aprendo le fauci sott’acqua creando un vuoto che risucchiava la preda (alimentazione a suzione) e che le grandi zanne intrecciate rivelano possedesse un potente morso utile nella caccia ad animali di dimensioni maggiori.

Ricostruzione artistica di Gaiasia jennyae
Ricostruzione artistica di Gaiasia jennyae (Credit: Gabriel Lio)

Il luogo del ritrovamento rende sorprendente che Gaiasia jennyae avesse abbastanza prede da catturare

All’epoca la Pangea si era già suddivisa nei supercontinenti a nord Laurasia (che includeva il Nordamerica e gran parte dell’Asia) e poi a sud Gondwana (Sudamerica, Africa, Antartide e India), dove viveva Gaiasia jennyae. Ma 280 milioni di anni fa tutta quella regione era decisamente fredda.

“Alcuni ricercatori ipotizzano l’intero continente fosse ricoperto di ghiacciai, proprio come ne avremmo visti in Nord America e in Europa durante le ere glaciali di 10.000 anni fa” spiega Pardo. “Altri sostengono che fosse più irregolare: c’erano chiazze in cui il ghiaccio non era presente”. La Namibia settentrionale, dove è stato portato alla luce il fossile, si trovava però più o meno dove oggi troviamo i confini dell’Antartide.

“Storicamente, pensavamo che i tetrapodi vivessero in modo assai simile ai coccodrilli moderni. Erano a sangue freddo e di conseguenza l’unico modo per diventare grandi e mantenere l’attività sarebbe quello di trovarsi in un ambiente molto caldo. Credevamo che tali animali non potessero vivere in ambienti più freddi. Gaiasia dimostra che non è assolutamente così” afferma Pardo.

Quel che sappiamo di come apparisse la Terra nel tardo Carbonifero è dovuto in larga parte ai fossili portati alla luce in Nordamerica e in Europa, all’epoca all’altezza dei tropici e dell’equatore all’interno della Laurasia. “Prendiamo l’esempio del Texas. Lavoriamo su questo ecosistema da 140 anni. Conosciamo queste rocce e questi animali abbastanza bene” spiega Prado “Il solo Field Museum of Natural History ha archivi pieni di fossili di diverse forme di vita laurasiane di quel periodo”.

Si riteneva il Gondwana meridionale fosse una regione coperta di ghiacci e nevi sostanzialmente priva di forme di vita ma potrebbe avere invece ospitato una varietà di animali estintisi nei climi più caldi ma che sono riusciti a cavarsela in quelli più freddi.
“Le moderne salamandre giganti vivono in ambienti freddi e montuosi. Ci vuole tempo perché raggiungano certe dimensioni, ma sono le salamandre più grandi viventi oggi. Forse non avevamo la mentalità giusta nell’approcciarci a questi animali” riflette Prado.

La vita nel sud del Gondwana deve essere stata piuttosto abbondante per supportare un grande predatore come la gaiasia, spiega il ricercatore: “Abbiamo le gaiasia, enormi predatori, ma in Namibia si trovavano altri animali e c’è molto materiale ancora sul campo a dimostrare l’esistenza di un ecosistema diversificato attorno a questo fantastico animale. Non puoi diventare grande senza tanto cibo. C’erano pesci lì e abbiamo trovato frammenti di altri tetrapodi. Piccoli pezzi qua e là, come una mascella. Abbiamo solo dato una prima occhiata, un paio di studi sul campo con un team molto piccolo. Quando si tratta della Namibia, siamo nel 1880 rispetto al lavoro che è stato fatto in Texas. Forse impareremo di più su questo ecosistema nei prossimi 100 anni”.

La ricerca Giant stem tetrapod was apex predator in Gondwanan late Palaeozoic ice age è stata pubblicata su Nature (luglio 2024).

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