Dracula, il nome del vampiro più famoso al mondo, è noto a tutti, così come la sua passione per il sangue altrui. Non tutti forse sanno che la figura di Dracula è stata preceduta, in letteratura, dalla versione femminile del vampiro: la lamia.
Strega, maliarda e megera: questo è il significato attualmente in uso del termine, e utilizzare questo sostantivo è, come è facile intuire, piuttosto offensivo. Nel medioevo, però, lamia aveva una valenza differente.
Secondo alcune fonti, infatti, ai tempi era sinonimo di ninfa. Parentesi medievale a parte, il termine ha una connotazione negativa e per capirne il motivo facciamo un salto nella mitologia greca.
Il mito greco di Lamia
Nel mito greco, Lamia era figlia di Belo e regina della Libia; era una donna molto bella e affascinante che fece innamorare Zeus. Dal loro amore nacquero diversi figli ed Era, la gelosissima moglie di Zeus, fece uccidere i bambini.
L’unica figlia di Lamia e Zeus che si salvò dallo sterminio ordinato da Era fu Scilla, secondo alcune fonti si salvò anche Sibilla. Ad ogni modo, il dolore e lo strazio di Lamia furono fortissimi e la perdita dei suoi figli la segnò completamente.
Infatti, iniziò a sfogare tutta la sofferenza sui figli delle altre donne: li divorava e gli succhiava il sangue; nel frattempo, tutto questo orrore la trasformò: da bellissima donna che era divenne un essere mostruoso, metà donna e metà serpente.
Secondo alcuni, sviluppò anche la capacità di trasformarsi in presenza degli uomini: da essere orribile era capace di tornare seducente e sensuale pur di avvicinare gli uomini e bere il loro sangue.
La Lamia nel tempo
L’originale Lamia avrebbe, nel tempo, dato origine a una specie di donne, malvagie e perverse come lei: infatti, nella letteratura successiva troviamo spesso il termine “lamie” al plurale che, come la loro capostipite, erano dedite a mangiare i bambini e a succhiare il sangue.
È il poeta latino Orazio, ad esempio, a parlarci delle lamie nell’Ars Poetica, sempre in un’accezione negativa. Più tardi, nel XIX secolo, l’essere mostruoso suscita l’interesse del poeta inglese John Keats che intitola proprio “Lamia” il poema che pubblica nel 1820.
I due innamorati Lamia e Licio sono protagonisti del poema di Keats ed hanno ispirato anche il pittore John William Waterhouse nell’omonimo olio su tela, oggi custodito alla Auckland Art Gallery Toi o Tāmaki.
Oltre a John Keats, Lamia è riuscita ad affascinare moltissimi altri autori. In tempi recenti, nel mondo della musica i Genesis e Iron Maiden, solo alcuni esempi, hanno incluso richiami alle lamie nelle loro produzioni.
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