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Forse risolto il mistero dell’evoluzione del porcospini nordamericani, un tempo dotati di coda prensile

I moderni porcellini d’India, cincillà, capibara e istrici che oggi vivono in Sudamerica sono i discendenti di un roditore la cui comparsa risale a più di 30 milioni di anni fa: il porcospino. Originario del continente africano, si diffuse agevolmente via terra in Europa e in Asia.

Il viaggio verso il Nuovo Mondo dev’essere stato più avventuroso, ma non impossibile: all’epoca le due masse continentali erano infatti molto più vicine di oggi e la distanza in particolare fra le parti settentrionali era paragonabile a una traversata da nord a sud del Mediterraneo.

Per quanto possa sembrare di primo acchito singolare, oggi si ritiene quindi possibile i porcospini abbiano verso il termine dell’Eocene raggiunto l’America meridionale dall’Africa trasportati da tronchi o altri detriti attraverso un molto meno ampio oceano Atlantico, favoriti anche dalla presenza di piccole isole lungo il percorso. Veri e propri navigatori involontari a bordo di zattere naturali.

Nella diversificazione, alcuni roditori raggiunsero grandi dimensioni, anche un metro e mezzo di lunghezza, con gli antenati dei moderni capibara che in quanto a stazza potevano rivaleggiare con le mucche. I porcospini stessi mantennero tuttavia dimensioni contenute, adattandosi alla vita sugli alberi dell’ecosistema sudamericano dell’epoca caratterizzato da lussureggianti foreste pluviali.

Ancora oggi si spostano tra le fronde grazie a lunghe dita dotate di artigli falciformi smussati perfettamente adattati ad afferrare i rami fin sulle alte chiome degli alberi. Spesso sfoggiano inoltre lunghe code robuste abbastanza da reggerne il peso mentre si arrampicano a cogliere i frutti.

Gli animali più piccoli migrarono dall’Africa al Sudamerica su veri e propri zatteroni naturali

Un mistero che da tempo perplime chi studia questi piccoli animali riguarda la loro origine ed evoluzione: a oggi sopravvive una sola specie nel continente settentrionale, il porcospino nordamericano, unico rappresentante del genere Erethizon (Erethizon dorsatum), a fronte di sedici nell’America centro-meridionale, tutti appartenenti al genere Coendou a parte il Chaetomys, porcospino setoloso che si ritrova in Brasile.

Secondo lo studio del DNA, il genere Erethizon avrebbe visto la sua origine 10 milioni di anni fa, quando Nord e Sud America erano ancora separati da un ampio tratto di mare. In contrasto, i reperti fossili suggeriscono invece che si sarebbero evoluti a partire da 2,5 milioni di anni fa, dopo l’emersione del ponte di terra a collegare nord e sud America. Una nuova ricerca i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology potrebbe aver risolto l’enigma di questa apparente contraddizione.

A separare il Sudamerica dal Nordamerica vi era un tratto di oceano forse non più ampio rispetto a quello fra Sudamerica e Africa ma la presenza di numerose e forti correnti rendeva problematica la traversata per quasi tutte le specie animali. Finché 3 milioni di anni fa (Pliocene) l’istmo di Panama emerse sopra il livello dell’acqua (in precedenza vi erano isolotti sparsi) fino a separare l’oceano Atlantico dal Pacifico creando nel contempo un ponte di terra che da quel momento in poi avrebbe consentito un intenso spostamento di animali di terraferma fra le due masse continentali, in entrambe le direzioni, un evento oggi chiamato Grande scambio americano.

Grandi felini come la tigre dai denti a sciabola ma anche puzzole ed elefanti: le migrazioni dall’America del Nord a quella del Sud riguardò un’eterogenea varietà di animali, non ultimo il lama che oggi associamo tipicamente proprio alla parte meridionale del continente.

A diffondersi da sud a nord furono invece armadilli, capibara, bradipi e i cosiddetti e giganteschi uccelli del terrore, predatori il cui soprannome è eloquente quanto realistico, sorta di eredi del tirannosauro.

Tuttavia se le migrazioni nord-sud si sono consolidate nel tempo come un successo dal punto di vista dell’adattamento al nuovo ambiente, altrettanto non si può dire riguardo il percorso inverso: dei protagonisti di quelle antiche migrazioni verso i climi più rigidi dell’America settentrionale oggi sopravvivono solo l’armadillo a nove fasce, l’opossum della Virginia e appunto il porcospino nordamericano.

Il grande scambio americano, un flusso migratorio nei due sensi fra Nord e Sud America

Oggi i porcospini nordamericani, chiamati anche ursoni, non sono ricoperti con gli aculei cavi sovrapposti che si riscontrano nei “cugini” sudamericani, un valido deterrente verso i predatori ma dal potere termoregolatore praticamente nullo: al nord sono infatti sostituiti da una sorta di pelliccia isolante e aculei più sottili, aghiformi, che il porcospino può sollevare quando si sente minacciato.

Ma le differenze sopravvenute nel corso di milioni di anni riguardano anche la dieta, come evidenziato dalla differente forma della mascella: “In inverno, quando i loro cibi preferiti non sono a portata di mano, mordono la corteccia degli alberi per raggiungere i tessuti più morbidi sottostanti. Non è il miglior nutrimento, ma è meglio di niente. Riteniamo che questo tipo di alimentazione sia adatto alla particolare struttura delle mascelle che li rende particolarmente abili nella macinazione.” spiega Natasha Vitek, ricercatrice presso il Museo di Storia Naturale della Florida.

“Hanno inoltre perso la coda prensile. Anche se ai porcospini nordamericani piace ancora arrampicarsi, non è il loro forte. Gli esemplari nei musei mostrano spesso segni di fratture ossee guarite, probabilmente causate dalla caduta dagli alberi.”

Lo scheletro oggetto della nuova ricerca di Vitek e colleghi appartiene a un esemplare di una specie di porcospino nordamericano ormai estinto: trovato in Florida, si presenta in un eccezionale stato di conservazione: “È davvero raro ottenere scheletri fossili come questo con non solo cranio e mascelle, ma anche molte ossa associate dal resto del corpo. Ciò consente di ottenere un quadro molto più completo di come questo mammifero estinto interagisse con il suo ambiente.” spiega il dottor Jonathan Bloch, curatore del dipartimento di paleontologia dei vertebrati sempre presso il Museo di Storia Naturale della Florida.

Mappa dell'Eocene
Nell’Eocene il Sudamerica e l’Africa erano molto più vicini rispetto a oggi (CC BY-SA 4.0)

Secondo alcune ipotesi recenti l’istmo di Panama potrebbe essersi formato molto prima di quanto oggi ritenuto

“Abbiamo subito notato che era diverso dai moderni porcospini nordamericani perché aveva una coda specializzata per afferrare i rami.” Un’analisi comparativa fra il fossile e gli scheletri di esemplari odierni ha permesso ai ricercatori di identificarlo: “I risultati sono stati sorprendenti. Il fossile era privo di mascelle rinforzate in grado di rosicchiare la corteccia e possedeva una coda prensile, che lo faceva sembrare più strettamente imparentato con i porcospini sudamericani” continua Vitek “Ma altri tratti presentavano una somiglianza più forte con i porcospini nordamericani, inclusa la forma dell’osso dell’orecchio medio e la forma dei denti anteriori e posteriori inferiori”.

Sottoponendo ad analisi l’insieme dei diversi dati disponibili, la conclusione coerente è che i resti fossili oggetto della ricerca appartengono a Erethizon poyeri, un porcospino nordamericano estinto. L’implicazione è che la storia di questo gruppo in Nordamerica ha in realtà avuto inizio prima che si formasse il ponte di terra di Panama. Oppure, come suggeriscono studi geologici recenti ancora oggetto di controversie, il primo collegamento potrebbe essersi formato in tempi molto più antichi.

Molti aspetti restano da chiarire, per esempio quante specie appartenessero a questo stesso genus e le cause stesse della loro estinzione: “Una cosa che non è stata risolta dal nostro studio è se queste specie estinte siano antenati diretti del porcospino nordamericano che è vivo oggi” continua Vitek “È anche possibile che i porcospini siano entrati nelle regioni temperate due volte, una volta lungo la costa del Golfo e l’altra verso ovest. Questo non lo abbiamo ancora compreso”.

Fonte: An extinct north American porcupine with a South American tail, Current Biology (maggio 2024).

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