Sì chiama Corinto, ha un diametro di 14 chilometri ed è ubicato nell’Elysium Planitia, vicino all’equatore di Marte; lo stesso impatto asteroidale responsabile di questo cratere avrebbe, secondo un nuovo studio, causato anche la formazione di due miliardi di crateri di più piccole dimensioni sulla superficie del Pianeta Rosso.
Gli specialisti stimano un impatto in grado di generare un cratere di quelle dimensioni si verifichi su Marte in media ogni 3 milioni di anni e dal momento che l’età di Corinto è di circa 2,6 milioni di anni esso potrebbe essere il più recente impatto di tale portata finora identificato.
Un cratere di pochi milioni di anni è ritenuto recente su scala geologica e astronomica
L’asteroide nell’impatto formò il cratere principale mentre i frammenti, come schegge sparate verso l’esterno, butterarono il paesaggio circostante con crateri più piccoli negli schemi a raggiera visibili ancora oggi, concentrati in un’area a sud e sud-ovest di Corinto: i materiali sollevati ed espulsi dall’impatto arrivarono a ricadere fino a 1850 km dal cratere principale.
I crateri sono stati suddivisi in base alla loro facies, termine latino che in geologia implica la distinzione di un corpo roccioso dall’altro sulla base dell’insieme di caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche: sono stati isolati quattro gruppi che vanno dai crateri Facies 0, più vicini a Corinto e di forma semicircolare, ai Facies 3, i più lontani, di forma stretta e allungata.
“Le differenze osservate con la distanza dal cratere probabilmente derivano da variazioni nella velocità di impatto e nella dimensione dei materiali espulsi” spiegano i ricercatori.
La forma di Corinto e dei crateri minori sono coerenti con l’impatto di un unico oggetto
Secondo lo studio, la direzione di volo dei frammenti espulsi dall’esplosione, insieme alla forma leggermente ellittica del cratere principale, suggeriscono che l’oggetto provenisse da nord e abbia impattato il suolo marziano con un angolo compreso fra 30 e 45 gradi. I ricercatori ipotizzano inoltre che l’oggetto fosse costituito di “basalto resistente e compatto”.
La grande quantità di depressioni lungo il pavimento interno di Corinto, un chilometro sotto il livello dell’ambiente circostante, suggerisce che l’area fosse coperta di ghiaccio d’acqua al momento dell’impatto. Le depressioni, tutte di diametro inferiore ai 200 metri, potrebbero essersi formate a seguito di un intenso degasaggio (la rimozione dei gas disciolti da un liquido) quando il ghiaccio d’acqua si surriscaldò al momento dell’impatto, ipotizzano i ricercatori.
Il team si è basato sui dati raccolti dall’High Risoluzione Imaging Experiment (HiRISE) e dalla Context Camera (CTX) del Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) e ha presentato i risultati dello studio durante la 55esima Lunar and Planetary Science Conference – LPSC 2024 tenutasi a The Woodlands, Texas, nel marzo 2024, che ora dovranno essere sottoposti a peer review prima della pubblicazione.
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