21 Novembre 2024
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È davvero emozionante scoprire nuovi tasselli che compongono il mosaico della nostra storia. Mercoledì 6 febbraio è stata aggiunta una nuova importante pagina alle vicende storiche, costruttive e artistiche del Santuario della Consolata: sono stati svelati ai torinesi gli affreschi, risalenti all’epoca romanica, che ornavano le pareti della preesistente chiesa di Sant’Andrea, costruita all’inizio del secolo XI e sulla quale Guarino Guarini progetta il nuovo Santuario mariano. Questo importante svelamento è il risultato di un “cantiere di studio” nato nel 2009 grazie al sostegno economico della Fondazione Cassa Risparmio di Torino e della collaborazione delle Soprintendenze piemontesi. Le indagini, attraverso analisi archeologiche, metriche, stratigrafiche e comparative dei caratteri tipologici, condotte in parti dell’edificio sacro sino ad allora inesplorate hanno condotto a esiti inaspettati e di grande importanza: nella muratura della Cappella del Convitto annessa al Santuario sono emersi elementi architettonici dell’abside romanica dell’antica chiesa di Sant’Andrea. Il cantiere è stato lungo 240 giorni; gli interventi di recupero sono stati realizzati dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, che con l’ausilio di tecniche all’avanguardia (quali il laser) hanno portato alla luce alcuni affreschi, di epoca romanica, asportando intonaci e coloriture moderne, senza danneggiare o compromettere i partiti sottostanti. La freschezza e la vivacità dei colori, la meticolosa precisione delle finte architetture e la cura con la quale sono stati realizzati i panneggi delle vesti sono davvero sorprendenti. Sulla parete Sud spicca una figura nell’atto di protendere una mano verso l’altro e con l’altra reggere un cartiglio le cui parole identificano, probabilmente, il patriarca Abramo. Sulla parete Nord, contornate da elementi di finta architettura, vi sono due figure che sorreggono cartigli che, al momento, non sono chiaramente identificate. Nella porzione sommitale delle pareti, oltre la fascia aggettante si individuano i lacerti di due volti: uno maschile con grandi occhi e il copricapo di un monaco: probabilmente San Benedetto, come suggeriscono alcune lettere poste ai lati; l’altro femminile, dallo sguardo intenso e col capo velato. Nel catino absidale, sotto il finto cassettonato, è stata rinvenuta una decorazione seicentesca che lo ripartisce in spicchi racchiudenti motivi vegetali, acroteri e ghirlande. 

Il Santuario della Consolata è elemento di forte identificazione per i torinesi. Nel 1714 Santa Maria della Consolazione viene proclamata Patrona della città di Torino, diventando il riferimento della devozione cittadina, per tutti la Consolata.

Le attestazioni di fede tributate alla Madonna della Consolazione risalgono già al secolo XIII;

ma le testimonianze più emozionanti sono del 1598 quando a Torino scoppia una terribile epidemia di peste: questo episodio segna un legame unico e indissolubile tra la Città e il Santuario. Sarà poi l’assedio del 1706, compiuto dall’esercito francese di Luigi XIV e durato dal 12 maggio al 7 settembre, sottoponendo Torino a fitti bombardamenti con la conseguente difficoltà di approvvigionamento di cibo e di munizioni, che si pongono le basi per la definitiva popolarizzazione della Consolata. Durante l’assedio, il Santuario posto a ridosso del bastione della cinta muraria difensiva, si trovava sotto il tiro delle cannonate, ma i fedeli continuavano a frequentare la chiesa e le cronache dell’epoca non segnalano vittime o incidenti.

La storia dell’attuale Consolata affonda le sue radici nel lontano medioevo, nelle vicende di un gruppo di monaci benedettini, fuggiti dal monastero della Novalesa, in Val di Susa, a seguito dell’invasione saracena. Nel 906 il gruppo monastico si rifugia presso un’antica cappella, probabilmente già dedicata alla Madonna, dove in seguito viene costruita una chiesa titolata a Sant’Andrea, che nella Cronaca della Novalesa (metà secolo XI) è descritta come la più bella di Torino. Nel 929 il marchese Adalberto dispone la costruzione di un monastero nell’angolo nord-ovest a ridosso delle mura urbiche; sul finire del secolo X la chiesa di S. Andrea viene ristrutturata. Tra i secoli XIII e XIV le notizie riguardanti la chiesa sono scarse; nel 1448 una delibera comunale concede al priore di ampliare la chiesa con la formazione di una campata verso ovest, cioè verso le mura di confine della città.

Il 25 ottobre 1589 i monaci cistercensi sostituiscono i benedettini nella conduzione del monastero e dell’annessa chiesa di S. Andrea attuando importanti modifiche strutturali e valorizzando il culto mariano.

Dei primi anni del secolo XVII sono i finanziamenti di Carlo Emanuele I per gli interventi sull’altare maggiore di Sant’Andrea e per la cappella della Consolata, affidati all’architetto ducale Ascanio Vittozzi. I padri cistercensi modificano l’aspetto e le proporzioni spaziali della basilica, ribaltando architettonicamente il rapporto gerarchico tra il Santo titolare e la Vergine, definendo così l’importanza che nel corso dei secoli aveva assunto la cappella della Madonna. Questa radicale trasformazione, avvenuta tra il 1678 e il 1740 è dovuta a Guarino Guarini e completata all’ingegner Antonio Bertola. La superficie della chiesa, a impianto basilicale è occupata da una grande aula ellittica, detta di Sant’Andrea, planimetricamente sovrapponibile alle tre navate dell’antica chiesa romanica.

 Il nuovo assetto guariniano prevede la rotazione di 90 gradi dell’asse est-ovest, collocando a sud l’ingresso principale e a nord il presbiterio a forma esagonale per accogliere in modo consono l’immagine della Consolata. Da quel periodo in poi la parte della chiesa di Sant’Andrea (orientata) risparmiata dalle demolizioni, è rimasta inglobata tra le murature del nuovo Santuario e che i recenti interventi ne hanno svelato e restituito il “cuore” romanico, in vista, magari di altre future scoperte.

Giannamaria Nanà Villata

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