Andare per Regge e Residenze (Il Mulino, pp. 152) è l’ultimo lavoro di Andrea Merlotti, storico che dirige il Centro studi del Consorzio delle residenze reali sabaude, autore del volume “Storia degli Stati Sabaudi (1416-1848), ha curato numerose pubblicazioni su riti e cerimonie delle corti europee. Presentato lo scorso 6 marzo nel Gran Salone dei Ricevimenti di Palazzo Madama a Torino, è un libro di storia in cui i protagonisti sono i sovrani di ogni genere: papi, re, duchi, granduchi che attraverso il genio di famosi architetti come Juvarra, Vanvitelli, Piermarini e di grandi artisti hanno soddisfatto le loro esigenze politiche e di autocelebrazione. E’ un interessante viaggio tra capitali e città italiane dove sono collocate regge, palazzi, ville e castelli: Roma con i palazzi Vaticani e il Quirinale; Firenze con palazzo Pitti e le ville medicee; Torino con palazzo reale, la Reggia di Venaria e la Corona di Delizie; il Palazzo Reale a Milano, Genova, Napoli, Cagliari, Venezia, Palermo e i siti reali siciliani, solo per citarne alcune.
I sovrani, solitamente, risiedevano nei palazzi della città capitale solo in inverno e primavera, per poi trasferirsi in residenze extraurbane in estate e autunno. Molte di queste erano sorte come residenze per la caccia, attività assai praticata poiché era considerata metafora della guerra. Erano sfarzose abitazioni del sovrano, della corte, dei ministri, ma erano soprattutto il manifesto visivo della loro storia, della loro politica e della loro sovranità. Ad esempio la prima sala di Palazzo Reale a Torino era il Salone delle glorie sassoni (o delle Guardie svizzere), dove al centro del soffitto era raffigurato Giove nell’atto di dare lo scettro dell’impero alla Casa di Sassonia. Anche gli affreschi delle pareti raccontavano storie di principi sassoni; così come i dipinti di Jan Miel illustravano la storia dei Savoia quale antica e militare dinastia tedesca che nulla voleva spartire con i principi italiani. Oppure, quando nel 1734 Carlo di Borbone divenne re di Napoli si installò nel Palazzo reale e subito diede inizio una serie di lavori di adattamento e di nuove costruzioni che procedevano di pari passo con l’evolversi della corte e delle strutture dello stato. Tanto è che le gazzette di tutta Europa riportarono sì le notizie sulle creazioni degli artisti, ma anche quelle relative all’istituzione di nuove segreterie di stato o alla formazione dell’ordine di San Gennaro.
Con la restaurazione, i sovrani italiani rientrarono nelle loro capitali e gli artisti di corte si attivarono per celebrare il ritorno dei loro sovrani, seppure vincolati da qualche difficoltà economica. Genova fu l’unica città che con la Restaurazione vide la nascita di ben due regge!
Quando nel 1815 Vittorio Emanuele I assunse il titolo di Duca di Genova, questa non aveva un palazzo reale, quindi il Duca aveva due possibilità: o realizzare un palazzo ex novo o acquistarne uno da una nobile famiglia cittadina e adattarlo alle esigenze di corte. Scartata la prima ipotesi per ovvi motivi economici, i funzionari sabaudi dovettero scegliere quale fosse il palazzo più adatto, affrontando valutazioni non solo di carattere architettonico e urbanistico, ma anche politico e militare. Il 12 marzo 1819 Vittorio Emanuele I acquistò Palazzo Doria-Tursi e ne affidò la sistemazione all’architetto Carlo Randoni, che già aveva lavorato al castello di Rivoli. I moti del 1821 provocarono l’abdicazione di Vittorio Emanuele I a “favore” del fratello Carlo Felice il quale, tra il 1822 e il 1831, fece di Genova la vera capitale degli Stati Sabaudi. Carlo Felice abbandonò Palazzo Tursi (per lasciarlo alla vedova regina Maria Teresa) e si stabilì a palazzo Durazzo, trasformandolo di fatto in Palazzo Reale, soggiornandovi in primavera e in autunno e facendo restaurare l’annesso antico teatro del Falcone, già diventato teatro di corte con i Durazzo. A celebrare la magnificenza e importanza del nuovo Palazzo Reale di Genova furono le visite di sovrani quali il re e la regina delle Due Sicilie e dell’imperatore Francesco I.
Dunque regge e potere furono un binomio inscindibile. Nell’Europa che nel 1918 aveva visto cadere molte antiche dinastie, i palazzi reali restavano il luogo simbolo del potere che col passare del tempo sono diventati identità di un luogo, di una tradizione, della nostra cultura.
Giannamaria Nanà Villata