Le grotte di La Pasiega, Maltravieso e Ardales si trovano in Cantabria, Spagna, e nel 2018 balzarono agli onori delle cronache scientifiche poiché le pitture rupestri ospitate lungo le loro pareti, all’epoca le più antiche conosciute con una datazione fino a 64.800 anni fa (anche se questo record potrebbe essere stato recentemente battuto), furono attribuite non ai nostri antenati diretti Homo sapiens ma al nostro cugino, l’uomo di Neandertal.
L’arte rupestre della grotta di La Pasiega è stata in un nuovo studio rivisitata dai ricercatori dell’Università Complutense di Madrid e grazie all’impiego di nuove tecniche di analisi stereoscopica sono emerse figure finora inosservate, sebbene in bella vista, e anche le parti mancanti di animali in pittogrammi già noti.
La datazione delle pitture fu ottenuta nel 2018 grazie a una nuova tecnica basata sul decadimento del torio e dell’uranio
Vi erano infatti figure che apparivano incomplete e in un primo momento si era pensato gli autori avessero per qualche ragione interrotto il proprio lavoro in corso d’opera. Tuttavia unendo la tecnica della fotografia stereoscopica alla nuova consapevolezza di come le formazioni rocciose naturali venissero sfruttate nella creazione di queste antiche opere d’arte si è giunti a una nuova interpretazione, ovvero le figure di animali apparentemente lasciate a metà sono invece rappresentazioni complete.
Le correlazioni fra le irregolarità nelle pareti e le immagini dipinte o incise non erano facilmente percepibili osservando le tradizionali fotografie bidimensionali, ma balzano all’occhio aggiungendo la terza dimensione fornita dall’imaging stereoscopico: ecco quindi emergere cervi, cavalli e probabilmente un uro, un grande bovino un tempo comune in Europa, Asia e Africa.
Le irregolarità nelle pareti della grotta potrebbero esse stesse in primo luogo aver stimolato l’immaginazione degli artisti grazie al fenomeno della pareidolia, l’effetto che ci porta per esempio a vedere forme nelle nuvole o volti nelle rocce, nelle macchie o persino nei frontali delle automobili. Un rigonfiamento di roccia che ricorda la testa di un cavallo potrebbe aver indotto l’artista a partire da lì per poi realizzare la forma completa aggiungendo i dettagli del resto del corpo.
In una grotta vicina furono rinvenute anche le conchiglie usate per preparare i colori, datate fino a 115.000 anni fa
Una delle figure appena scoperte raffigura per esempio un cavallo realizzato tramite puntini rossi in cui si riconoscono la testa con un occhio, un orecchio, l’angolo della bocca e l’inizio del dorso: le fessure e le depressioni nella roccia si adattano ai contorni della testa, del petto e della linea cervico-dorsale.
Le dimensioni di questo pittogramma sono di 46 per 30 centimetri, mentre un altro cavallo, stavolta color ocra, raggiunge una lunghezza di 60 centimetri dal muso alle zampe posteriori: qui il nuovo studio identifica la pancia in una bombatura della roccia mentre fessure naturali danno forma alle zampe anteriori. Questi dettagli, determinati dalla roccia stessa senza pittura, si aggiungono a testa con criniera, dorso e zampe posteriori che erano già note.
Complessivamente si contano a decine le correlazioni fra irregolarità nelle pareti e le figure disegnate che i ricercatori hanno individuato nella grotta della Pasiega grazie alla fotografia stereoscopica. Questo sviluppo nella comprensione dell’arte paleolitica ci dice che l’interpretazione non può più basarsi esclusivamente su colore, forma e sulla tecnica di pittura o incisione ma deve considerare anche le caratteristiche topografiche della roccia che ospita le figure, poiché si tratta di elementi caratterizzanti che non possono essere separati.
Fonte: Animals hidden in plain sight: stereoscopic recording of Palaeolithic rock art at La Pasiega cave, Cantabria, Antiquity (Cambridge University Press, agosto 2023)
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