La formazione geologica denominata Scisti a Posidonia (Posidonienschiefer in tedesco e Posidonia Shale in inglese) si trova nella Germania sudoccidentale e ospita un autentico tesoro paleontologico, in particolare ricco di reperti risalenti al Giurassico Inferiore, in gran parte flora e fauna marina: dagli ittiosauri ai plesiosauri passando per le trilobiti, ma non mancano fossili di creature terrestri come i dinosauri sauropodi.
Scoperti nel Sedicesimo secolo, gli Scisti a Posidonia furono inizialmente sfruttati per l’estrazione di materiale da costruzione e del petrolio derivato dalla materia organica in esse contenuta. Ma già alla fine del 1500 vennero alla luce i primi esemplari di fossili, anche se bisognerà attendere quattro ulteriori secoli per l’importante ritrovamento di uno scheletro praticamente completo di ittiosauro.
Una caratteristica evidente dei fossili degli Scisti di Posidonia è un luccichio, un bagliore dorato che si riteneva dovuto alla presenza di pirite, anche nota come oro degli sciocchi. Ma una nuova ricerca guidata da ricercatori dell’Università del Texas – Austin rivela che la ragione è diversa e di grande importanza dal punto di vista dell’attuale e futura ricerca scientifica.
La denominazione Posidonia non deriva dall’odierna pianta acquatica ma da un genere estinto di molluschi bivalvi
«Quando ti trovi nelle cave le ammoniti dorate fanno capolino dalle lastre di scisto nero. Ma sorprendentemente abbiamo faticato a trovare la pirite nei fossili. Anche i fossili che sembravano dorati sono esclusivamente minerali fosfatici con calcite gialla. Questo cambia radicalmente la nostra visione di questo famoso deposito di fossili» spiega Rowan Martindale, professore associato presso la UT Jackson School of Geosciences e coautore dello studio.
I fossili degli Scisti a Posidonia risalgono a 183 milioni di anni fa: comprendono rari esemplari dal corpo molle come embrioni di ittiosauro, calamari con sacche di inchiostro e aragoste e sono fra gli esemplari meglio conservati al mondo di vita marina del Giurassico.
Per comprendere meglio quali condizioni si siano verificate affinché il processo di fossilizzazione abbia portato a questo eccezionale stato di conservazione i ricercatori hanno sottoposto decine di campioni all’analisi tramite microscopio elettronico a scansione per studiarne la composizione chimica.
I risultati dicono ai ricercatori che in ogni campione analizzato i fossili sono costituiti principalmente di minerali fosfatici anche se la roccia di scisto nero circostante è punteggiata di microscopici ammassi di cristalli di pirite chiamati framboidi.
La scoperta può aiutare i paleontologi a ricostruire le condizioni ambientali in cui vivevano le creature fossilizzate
«Ho trascorso giorni a cercare i framboidi sul fossile. Per alcuni degli esemplari ho contato 800 framboidi sulla matrice [la roccia inglobante] mentre ce n’erano forse tre o quattro sui fossili» dice Sinjini Sinha, dottorando sempre presso la Jackson School.
La pirite e il fosfato si trovano quindi in punti diversi sugli esemplari e questo rivela dettagli chiave sull’ambiente di fossilizzazione. La pirite si forma in ambienti privi di ossigeno, mentre i minerali fosfatici ne hanno, al contrario, bisogno. La ricerca suggerisce che sebbene un fondo marino anossico (senza ossigeno) ponga le basi per la fossilizzazione contrastando il decadimento dei tessuti e creando un ambiente sfavorevole ai predatori, è stato necessario un impulso di ossigeno per innescare le reazioni chimiche necessarie alla fossilizzazione.
«Si è pensato per molto tempo che l’anossia fosse la causa dell’eccezionale conservazione, ma non lo fa in modo diretto. Aiuta a rendere l’ambiente favorevole a una fossilizzazione più rapida, che porta alla conservazione, ma è l’ossigenazione a migliorare la conservazione» continua Sinha.
I risultati di questa ricerca si aggiungono a precedenti studi realizzati dal team sulle condizioni geochimiche di un’altra tipologia di sito nota per i fossili in straordinario stato di conservazione, depositi chiamati konservat-lagerstätten (giacimenti per accumulo). Risultati che tuttavia smentiscono le vecchie teorie riguardo quali effettivamente siano le condizioni necessarie per l’eccezionale conservazione dei fossili nella Posidonia, spiegando che anche l’ossigenazione, insieme con il fosfato e altre sostanze minerali, contribuisce alla lucentezza dei fossili.
Fonte: What role does anoxia play in exceptional fossil preservation? Lessons from the taphonomy of the Posidonia Shale (Germany), Earth-Science Reviews (2023).
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