Non ce ne siamo neppure resi conto, eppure sono già trascorsi sei anni esatti dalla morte di Chester Charles Bennington, lo storico frontman dei Linkin Park che ci ha regalato successi intramontabili come In the end, What I’ve done e Crawling.
Oggi lo ricordiamo ancora per la voce potente e allo stesso tempo malinconica che possiamo sentire nelle vecchie incisioni, ma è inevitabile che sentire il suo nome riporti la nostra mente al 20 luglio del 2017, giorno in cui Bennington pose fine alla sua esistenza impiccandosi nella sua residenza a Palos Verdes Estates in California.
Una data, un evento che ci ricorda che, indipendentemente dallo status sociale, dai successi ottenuti e dall’immagine che si mostra al mondo, tutti combattono battaglie personali di cui spesso il resto del mondo resta all’oscuro.
Quella di Chester era una guerra quotidiana contro la depressione che durava da anni: nonostante lo vedessimo brillare sul palco e scatenarsi a colpi di new metal mentre si esibiva, l’artista lottava coi propri demoni interiori fin dalla più tenera età.
La sua turbolenta infanzia è stata segnata da un evento traumatico che ha portato a una sorta di effetto domino fermatosi solo con sua morte. Vittima di molestie sessuali da parte di un ragazzo più grande per diversi anni, Chester reagì alla violenza subita abusando di droghe pesanti come LSD, oppio, metanfetamina ed eroina come meccanismo di coping per la depressione.
Non sapremo mai cosa sia passato nella mente di Chester negli ultimi istanti della sua vita, ma ciò che è certo è che la depressione non dovrebbe essere un tabù, che chi ne soffre non dovrebbe venir stigmatizzato e che è fondamentale chiedere aiuto e avere alle spalle un buon sistema di supporto. Nell’ultima intervista era evidente lo stato d’animo di Chester.
Lasciandoci portare da un po’ di empatia e guardando di più negli occhi di chi ci sta vicino ci darebbe modo di accorgerci che certi demoni toccano e lacerano le anime di chi ci passa accanto e che aiutare, o anche solo stare vicini, a chi soffre è un gesto gratuito che spesso salva vite.
Chi guarda il buio dell’abisso, spesso, non riesce a descrivere l’orrore che si porta dentro e ciò lo imprigiona in un circolo vizioso autodistruttivo.
Proprio per questo motivo, e per onorare la memoria del frontman del gruppo, i Linkin Park hanno creato una pagina web per la prevenzione del suicidio in cui compare il messaggio: “In caso tu o un tuo conoscente abbiate bisogno di supporto, qui ci sono delle risorse adeguate”. Il tutto corredato di numeri utili da chiamare e chat a cui scrivere in caso di pensieri intrusivi, sia per i residenti degli Stati Uniti che per il resto del mondo.
Ricordiamo che in Italia le maggiori risorse sono Telefono Amico Italia e Samaritans OdV.