Giovanni, il protagonista del libro “Perchè mi chiamo Giovanni”, è un ragazzino di quasi 10 anni che vive nella Sicilia dei giorni nostri. Curioso e intelligente come molti suoi coetanei, accetta l’invito del padre di trascorrere la vigilia del proprio decimo compleanno in maniera particolare.
Una gita alla scoperta del giudice Giovanni Falcone
Il padre, infatti, ha organizzato una gita che, nelle varie tappe, permette loro di conoscere alcuni dei più importanti momenti della vita di Giovanni Falcone, il magistrato che venne tragicamente ucciso, insieme alla moglie Francesca e a tre uomini della sua scorta, il 23 maggio 1992 sull’autostrada che collega Palermo a Mazara del Vallo nella c.d. strage di Capaci.
A partire dalla casa natale del giudice, passando per i luoghi della sua infanzia e adolescenza, fino a quelli in cui scosse e sconvolse, da adulto, il sistema della mafia, il papà di Giovanni conduce il piccolo alla scoperta della vita, fatta di impegno, lotta e sofferenza del giudice.
Con esempi concreti e molto pratici, Giovanni impara quanto la mafia possa essere non solo crudele, ma anche più vicina a noi di quanto immaginiamo. Allo stesso tempo, Giovanni scopre quanto ognuno di noi può fare per arginare la morsa della “piovra”.
Un classico della letteratura per ragazzi
Luigi Garlando, giornalista della “La Gazzetta dello Sport”, ha pubblicato questo libro nel 2012; in pochissimi anni “Per questo mi chiamo Giovanni” è già diventato uno dei libri per ragazzi ampiamente consigliato per i giovani lettori.
Il linguaggio è diretto, chiaro, ma mai banale: una lettura scorrevole che scivola pagina dopo pagina e che appassiona i più piccoli, ma anche i più grandi che, come in molti libri per ragazzi, possono ritrovare e riscoprire concetti complessi in maniera semplice e immediata.
Il libro si attesta come uno dei più importanti libri per ragazzi sulla mafia, affrontata tout court: dalla mafia intesa come sistema strutturato a quella che quotidianamente si insinua e opprime il vivere civile delle persone comuni.
Solo insieme, gli uomini di Stato e gli uomini comuni con i loro “no” possono opporsi con successo al sistema mafioso. Nel piccolo, è compito di tutti noi non abituarci a convivere con la mafia, chiudere gli occhi e assistere passivamente al suo insediarsi nel nostro quotidiano.
In questo senso, fondamentale è il ruolo delle giovani generazioni: crescere nuove generazioni con occhi aperti e mente critica è possibile ed è, anzi, il primo passo per riuscire a estirpare una piaga velenosa in una terra troppo bella.
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