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Le prime stelle dell’universo si formarono in gruppi, rivela uno studio basato sull’apprendimento automatico

La prima generazione di stelle si formò dagli elementi scaturiti direttamente dal Big Bang, quindi sostanzialmente idrogeno ed elio. Essi ancora oggi costituiscono il 90% della materia convenzionale (esclusa quindi la materia oscura) dell’intero universo.

Dotate di grande massa ma dalla breve vita, l’evoluzione in supernova di queste prime stelle avrebbe generato i primi elementi pesanti (che in astronomia sono definiti metalli) divenuti poi parte della seconda generazione di stelle, molto più longeve tanto che alcune di esse esistono tutt’ora. Nondimeno, i metalli contenuti erano presenti in queste stelle in quantità ancora scarse.

In precedenti ricerche le simulazioni avevano portato gli astronomi a ritenere nella prima generazione le stelle si fossero formate non solitarie ma in gruppi (di due o più), ma finora non vi erano conferme ottenute tramite l’osservazione diretta.

Gli elementi pesanti delle stelle di seconda generazione sarebbero dovuti all’esposizione a più di una singola supernova

Il nuovo studio ha riguardato 460 stelle di seconda generazione osservate grazie al Prime Focus Spectrograph, strumento del telescopio giapponese Subaru ubicato alle Hawaii: i dati spettrali (che forniscono informazioni sulla composizione della stella) sono stati analizzati da un sistema di apprendimento automatico messo a punto presso l’Università di Tokyo, addestrato utilizzando migliaia di simulazioni di supernove di prima generazione a coprire un’ampia gamma di masse stellari e tipologie di esplosioni.

«Analizzando le composizioni chimiche delle stelle di seconda generazione abbiamo scoperto che la maggior parte (il 68%) è stata arricchita da più supernove di stelle di prima generazione. Le nostre scoperte indicano che nelle fasi iniziali dell’universo le prime stelle si sono formate in un sistema stellare multiplo o in un ammasso di stelle, com’era stato indicato da simulazioni teoriche ma non confermato con osservazioni prima d’ora» illustra Chiaki Kobayashi del Center for Astrophysics Research dell’Università dell’Hertfordshire (Regno Unito).

«Elementi leggeri come il carbonio e l’azoto possono essere prodotti in stelle di piccola massa come il Sole, ma la maggior parte degli elementi come l’ossigeno e il ferro sono prodotti dalle supernove. L’ultima ricerca suggerisce inoltre che anche gli elementi più pesanti come l’oro e l’uranio sono prodotti dalle supernove (la questione è in effetti ancora oggetto di dibattito). Questi elementi sono distribuiti dalle regioni di formazione stellare al mezzo interstellare dalle esplosioni di supernove. Tale processo può sia innescare che sopprimere la formazione della prossima generazione di stelle, e quindi le supernove sono importanti per l’intera storia delle galassie».

Gli elementi complessi come l’oro derivano forse da eventi ancora più estremi quali la fusione di due stelle di neutroni

Miho Ishigaki dell’Università di Tokyo, aggiunge che l’approccio convenzionale all’interpretazione delle abbondanze degli elementi nelle stelle consiste nell’adattare i dati a un modello che descrive le conseguenze causate degli effetti di una singola stella divenuta supernova. Ciò presuppone che una sola supernova sia responsabile della produzione dei metalli in una data stella estremamente povera di metalli.

«Se sono situazioni più complesse, come le supernove multiple, ad arricchire la successiva generazione di stelle non è possibile vincolare i modelli in modo certo, a causa della limitatezza dei dati disponibili» afferma Ishigaki «L’apprendimento automatico è un metodo efficiente di interpretare quei dati tenendo conto di modelli teorici complessi. Un tale approccio basato sull’intelligenza artificiale sarà ancora più importante nel prossimo decennio, quando saranno disponibili maggiori dati derivanti dalle prossime indagini astronomiche».

«Ora posso immaginare che molte stelle luminose si formino insieme e questo può accelerare la formazione delle galassie e l’arricchimento chimico dell’universo. Quest’idea è coerente con ciò che stiamo vedendo dagli ultimi risultati del James Webb Space Telescope» conclude Kobayashi, preannunciando che il team cercherà ora di comprendere quante supernove abbiano in media arricchito la seconda generazione di stelle, ma per questo passo successivo nello studio saranno necessari dati osservativi più accurati.

La ricerca Machine Learning Detects Multiplicity of the First Stars in Stellar Archaeology Data è stata pubblicata sul The Astrophysical Journal.

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