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Alla ricerca della vita su Encelado sfruttando i pennacchi d’acqua

La presenza di acqua allo stato liquido costituisce uno dei presupposti fondamentali per lo sviluppo della vita e nel nostro stesso sistema solare tale caratteristica si ritiene essere presente su alcuni satelliti dei giganti gassosi o ghiacciati. E particolare interesse desta Encelado, una delle lune di Saturno.

Essa sotto la superficie ghiacciata dovrebbe ospitare un mare salato mantenuto a temperature favorevoli alla sussistenza della vita, ma il guscio ghiacciato esterno spesso almeno cinque chilometri e la profondità dell’oceano medesimo che si stima essere una decina di chilometri rendono arduo rilevarne l’eventuale presenza.

Alcune idee o anche progetti in fase avanzata di studio (soprattutto in relazione a luoghi analoghi com’è il caso di Europa, Luna di Giove) prevedono sonde automatiche, veri e propri robot autonomi o semiautonomi, in grado di perforare lo strato di ghiaccio fino a raggiungere l’oceano sottostante. Si tratta chiaramente di un’impresa irta di difficoltà.

La presenza di acqua allo stato liquido è una delle basi per lo sviluppo della vita

È possibile cercare eventuali forme di vita che abitino Encelado in modo più semplice? La risposta potrebbe risiedere, suggerisce un nuovo studio, nei pennacchi di acqua salata eruttati verso l’esterno.

“Elaborando una simulazione sulla base dei dati che un veicolo spaziale in orbita appositamente preparato raccoglierebbe solo dai pennacchi, il nostro team ha dimostrato che questo approccio sarebbe sufficiente per determinare con sicurezza se ci sia o meno vita nell’oceano di Encelado senza dover effettivamente sondare le profondità della luna. È una prospettiva elettrizzante.” illustra il biologo Regis Ferrière dell’Università dell’Arizona.

L’ambiente di Encelado è certo molto diverso da quello terrestre, ma persino nelle profondità dei nostri oceani, lontano dalla luce del Sole, sussiste una peculiare tipologia di ecosistema creatosi attorno a luoghi simili a fumarole vulcaniche (dette bocche o camini idrotermali) che dal fondale emettono calore e sostanze chimiche permettendo alla vita di prosperare basandosi non sulla fotosintesi ma sullo sfruttamento dell’energia delle reazioni chimiche locali.

Ecosistemi analoghi potrebbero benissimo giacere sul fondo oceanico di Encelado, in accordo con le nostre conoscenze attuali: completando un’orbita di Saturno ogni 32,9 ore compiendo un percorso ellittico che comprime e rilascia la sua struttura interna, si genera abbastanza calore da mantenere liquida l’acqua in prossimità del nucleo.

Sono diverse le lune nel sistema solare che potrebbero ospitare un oceano sotterraneo

La dimostrazione che questa meccanica è reale la si ha osservando il polo sud, dove il guscio di ghiaccio è più sottile e permette a giganteschi pennacchi alti di protendersi da sotto il ghiaccio per centinaia di chilometri espellendo acqua che secondo gli scienziati contribuisce alla formazione del ghiaccio di Saturno.

Già la sonda Cassini, anni fa, attraversò i pennacchi rilevando la presenza di molecole interessanti, le stesse associate agli ambienti idrotermali sottomarini sulla Terra come concentrazioni di metano, diidrogeno e anidride carbonica.

“Sul nostro pianeta, le bocche idrotermali brulicano di vita, grande e piccola, nonostante l’oscurità e l’incredibile pressione” afferma Ferrière. “Le creature viventi più semplici sono microbi chiamati metanogeni che si alimentano anche in assenza di luce solare”.

I metanogeni metabolizzano il diidrogeno e l’anidride carbonica, rilasciando metano come sottoprodotto. Ferrière e i suoi colleghi hanno elaborato un modello della biomassa metanogena che potremmo aspettarci di trovare su Encelado se esistesse attorno a camini idrotermali come quelli sul fondo degli oceani terrestri, e di conseguenza calcolato la probabilità che cellule e altre molecole di natura biologica vengano espulse attraverso i camini e la quantità di questi materiali che potremmo aspettarci di trovare.

“Siamo rimasti sorpresi nell’apprendere che l’ipotetica quantità di cellule equivarrebbe solo alla biomassa di una singola balena in tutto l’oceano di Encelado”, afferma il biologo evoluzionista Antonin Affholder dell’Università dell’Arizona (ma affiliato all’Université Paris Sciences et Lettres, durante la ricerca).

Il riscaldamento delle lune dei pianeti giganti è dovuto alla contrazione e al rilascio del corpo stesso

“La biosfera di Encelado potrebbe risultare assai scarsa. Nondimeno i nostri modelli indicano che sarebbe abbastanza da alimentare i pennacchi con molecole o cellule organiche sufficienti per essere raccolti dagli strumenti a bordo di un futuro veicolo spaziale”.

Se le quantità di questi elementi fossero effettivamente quelle attese una sonda spaziale in orbita potrebbe essere in grado di rilevarli, potendo effettuare più passaggi sul pennacchio per raccogliere materiale biologico a sufficienza. Persino in questo modo potrebbe non essercene abbastanza e la possibilità che una cellula possa sopravvivere al viaggio attraverso il ghiaccio e all’espulsione nello spazio è probabilmente scarsa.

In mancanza di prove dirette, il team suggerisce gli amminoacidi come la glicina potrebbero fungere da alternativa indiretta, se le quantità rilevate superassero una certa soglia: “Considerando che, secondo i calcoli, qualsiasi forma di vita presente su Encelado sarebbe estremamente scarsa, c’è ancora una buona possibilità che non troveremo mai abbastanza molecole organiche nei pennacchi per concludere senza ambiguità che effettivamente esista” spiega Ferrière.

“Quindi, piuttosto che concentrarci sulla questione di quanto sia sufficiente per dimostrare che la vita ci sia, ci siamo chiesti: ‘Qual è la quantità massima di materiale organico che potrebbe essere presente in assenza di vita?'”

Numeri che secondo i ricercatori potrebbero aiutare a progettare le missioni nel prossimo futuro. Nel frattempo qui sulla Terra si continuerà a proporre modelli in grado di ipotizzare come possa presentarsi un ecosistema nelle profondità dell’oceano su una luna come Encelado.

La ricerca Putative Methanogenic Biosphere in Enceladus’s Deep Ocean: Biomass, Productivity, and Implications for Detection è stata pubblicata su The Planetary Science Journal.

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