Nell’ambito della produzione di energie rinnovabili emergono frequentemente critiche legate ad alcune modalità di implementazione: nel caso delle solar farm l’aspetto più spesso portato come obiezione riguarda l’occupazione di terreno che potrebbe invece destinato a fini agricoli.
Nell’esperienza dei campi fotovoltaici di tipo tradizionale è emersa una criticità relativa all’eccessiva considerazione dell’aspetto qualitativo rispetto a quello quantitativo: si dovrebbe tenere conto di volta in volta, nello stabilire se rilasciare o meno le autorizzazioni all’installazione di un nuovo impianto, di ogni aspetto peculiare dell’area interessata in modo da porre anche un limite alla concentrazione delle strutture.
Agrivoltaico sostenibile
Le soluzioni alternative non devono solo dimostrarsi di mettere insieme agricoltori ed energia: i pannelli posizionati al di sopra delle colture oppure frapposte in modo da non interferire con la coltivazione costituiscono solo la base del principio.
Affinché lo si possa definire davvero sostenibile il sistema deve infatti apportare ulteriori benefici che vanno dal creare condizioni favorevoli allo sviluppo della biodiversità ai vantaggi economici per le comunità locali, mostrandosi virtuosi sotto decisamente più di un singolo aspetto.
Non si tratta di una visione futuribile: le idee di base vennero esposte già quarant’anni fa, ma è solo negli ultimi dieci-quindici anni di fronte al forte sviluppo del fotovoltaico che si sono cercate a soluzioni che non compromettessero l’utilizzo del suolo per fini agricoli.
In questo movimento internazionale l’Italia si è presentata fin da subito all’avanguardia, con la creazione di almeno tre impianti agrivoltaici rispondenti alle caratteristiche volute e che al momento ci stanno fornendo, in qualità anche di progetti di studio, dati a conferma dell’affidabilità di queste soluzioni.
Le potenzialità sono enormi, dal momento che si risolvono alla base i problemi in tutti quei casi in cui ci si trovi di fronte alla scelta se destinare un terreno a uso agricolo oppure alla produzione di energia tramite fotovoltaico.
Non è tuttavia una soluzione automatica: per ogni singolo terreno, considerando il paesaggio e le condizioni locali, è necessario valutare se sia fattibile il connubio e quali colture possano essere utilizzate.
Nell’agrivoltaico il fotovoltaico viene installato ottimizzando la produzione energetica e la prestazione economica.
I tre casi che si possono presentare:
- Pannelli fissi con un puntamento e un’inclinazione ottimizzata: i moduli non sono sufficientemente distanti dal terreno da permettere la coltivazione e l’utilizzo dei mezzi meccanici, sebbene studi sul campo abbiano mostrato che già questa soluzione sia in grado di favorire la biodiversità.
- Il secondo caso prevede la coltivazione tra le file dei moduli fotovoltaici, che risultano cosi più dispersi lungo il terreno collocati in modo da consentire l’utilizzo anche del suolo sottostante con una minima perdita di suolo per l’uso agricolo.
- Il terzo caso è il fotovoltaico definito avanzato prevede moduli sollevati da terra senza perdita di suolo utilizzabile per la coltivazione e senza ostacoli per l’utilizzo dei macchinari agricoli.
Un feroce nemico: la burocrazia
I problemi per i privati e le aziende che volessero dotarsi di pannelli fotovoltaici sia agricoli che da posizionare sopra un edificio, per esempio anche solo una stalla, sono di natura per lo più burocratica, per l’attesa delle autorizzazioni e dei finanziamenti e di regole che soprattutto in Italia cambiano con tale da ostacolare anche le persone e le aziende genuinamente interessate.
Un agricoltore che oggi volesse diventare autonomo dal punto di vista energetico si scontra tutt’ora con questi ostacoli di natura normativa, nonostante un aiuto venga dal PNRR riguardo l’installazione di impianti sopra edifici già esistenti e un’altra proprio riguardo l’agrivoltaico.
Nonostante alcune semplificazioni introdotte negli ultimi tempi più è ampio il progetto maggiori restano le difficoltà cui si va incontro, tanto che di fatto spesso la soluzione migliore consiste nell’associarsi a soggetti che già operano nel settore energetico.
Gli studi sugli impianti pilota
Fra i progetti pilota nell’agrivoltaico possiamo menzionare l’impianto messo in funzione nel 2011 nei pressi di Piacenza, che vede moduli posizionati a cinque metri da terra e ben distanziati l’un l’altro. Gli studi compiuti negli anni su questo e impianti analoghi riportano addirittura la presenza di condizioni più stabili nella zona sotto i pannelli che agevolano il prosperare delle colture proteggendole per esempio dall’eccesso di calore nelle giornate torride, con inoltre un risparmio fino al 40% del consumo di acqua per l’irrigazione.
In questo momento l’agrivoltaico avanzato può essere visto ancora come un fenomeno di nicchia: non ci sono però reali controindicazioni ma la necessità, come ritengono anche a Confagricoltura, che la naturale avversione verso ciò che è nuovo e si teme possa frantumare un consolidato modo di fare possa infine venire superata, come accaduto con gli stessi pannelli fotovoltaici sopra i tetti delle abitazioni e degli edifici pubblici.
Una volta verificato che i costi iniziali verranno presto assorbiti col conseguente rapido emergere di una convenienza anche economica oltre che ambientale, incluso il rispetto delle colture agricole, i dubbi spariranno.
E soprattutto in un momento in cui l’approvvigionamento energetico entra in difficoltà a causa della combinazione di crisi climatica e geopolitica diventa ancora più importante e urgente che innanzitutto al cittadino vengano forniti i mezzi affinché possa autonomamente valutare e decidere in modo consapevole e scevro di pregiudizi se l’applicazione delle moderne tecniche fotovoltaiche possano trovare il proprio interesse e convenienza in un piano di sostenibilità comunitario sia a livello locale che di respiro internazionale.
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