Letteratura

E se non fosse stato un cavallo a far soccombere Troia, ma una nave?

Solo Ulisse, con la sua astuzia, ha potuto mettere a punto lo stratagemma che ha sia deciso le sorti di una guerra decennale, che entrato nell’immaginario collettivo. Stiamo ovviamente parlando del Cavallo di Troia.

Chiunque conosce la storia dell’inganno con cui il re di Itaca fece entrare nella città nemica, sotto le mentite spoglie di dono divino, il serbatoio di soldati greci desiderosi di annientare i Troiani e porre fine a una guerra che non voleva finire.

Il Cavallo di Troia

Alto, maestoso e imponente, il Cavallo di Troia è una struttura che non ha precedenti nella storia: una gigantesca rappresentazione lignea di un equino, nella cui pancia sono nascosti i soldati greci, che viene fatta traslare all’interno delle impenetrabili mura troiane.

Sebbene si riferisca alla guerra che si svolse a Ilio, l’Iliade non fa menzione dell’episodio del Cavallo di Troia, mentre ne troviamo traccia nell’altro poema di Omero, l’Odissea, nell’ottavo libro, quando un cantore narra le vicende degli ultimi giorni di Troia.

Ampio spazio viene dedicato al Cavallo di Troia nell’Eneide, nel secondo libro, che venne scritto circa 800 anni dopo e in una realtà ben differente. Sorprende un po’ apprendere che uno degli episodi più celebri della guerra di Troia non sia stato oggetto di ampia trattazione scritta.

La versione di Francesco Tiboni

Proprio da questo punto parte l’analisi dell’archeologo Francesco Tiboni che, recentemente, ha avanzato una nuova ipotesi: e se il Cavallo di Troia in realtà fosse stato una nave?, pubblicando articoli su riviste specializzate e un libro.

Secondo Tiboni, l’attacco decisivo a Troia sarebbe partito da una nave e, per degli errori interpretativi di autori successivi a Omero nella stesura dell’Odissea, il termine “nave” sarebbe stato tramandato in “cavallo”.

Tiboni rileva che, ai tempi, il cavallo veniva associato alla navigazione e riporta sia riferimenti nella religione che in bassorilievi archeologici. Poseidone, ad esempio, era sia il dio dei mari che il protettore dei cavalli.

Quanto all’archeologia, ci sono bassorilievi risalenti al IX e VII secolo che rappresentano alcune navi commerciali con polene aventi la forma di un cavallo, a titolo decorativo. Proprio a queste navi, secondo l’archeologo italiano, pensano gli estensori dell’Odissea. 

Dunque, il Cavallo di Troia non è esistito? No, non allarmiamoci. Francesco Tiboni ha avanzato una sua teoria, peraltro avvalendosi di indagini letterarie ed archeologiche a supporto, che come tale può essere confutata.

Anzi, è lo stesso Tiboni a dedicare un capitolo nel suo libro alle evidenze a supporto dell’esistenza del vero Cavallo di Troia: su tutti, il vaso trovato a Mykonos e databile intorno al 670 a.C. che rappresenta soldati all’interno della pancia di un cavallo.

Quindi, il Cavallo di Troia probabilmente è esistito come l’immaginario collettivo lo ha sempre pensato, ma è anche lecito e dovuto pensare, indagare e verificare che, in generale, altre versioni dei fatti possano esistere.

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