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Il guscio dei molluschi marini racconta come gli umani preistorici si adattarono al cambiamento climatico

I cambiamenti climatici globali sono forieri d’importanti conseguenze sulle società umane oggi e in futuro come lo furono nel corso del passato. Il più significativo, brusco evento di questo genere negli ultimi 11.700 anni fu causato dalle acque dei grandi laghi nordamericani che in seguito al disgelo si riversarono nell’Atlantico settentrionale interferendo pesantemente coi flussi di circolazione oceanica, financo a bloccarli.

Quello che è noto come Evento 8,2 ka (kilo annum, migliaia di anni) causò fenomeni di essiccazione in boschi e foreste e cali nella temperatura fino alle sponde occidentali dell’Atlantico, questo è ampiamente documentato. Quale sia stato l’impatto sulle comunità umane risulta tuttavia difficile da dimostrare, è perlopiù teorizzato.

Lo studio ha coinvolto specialisti in diversi campi di ricerca

In uno studio che ha coinvolto istituti di Spagna e Germania è stata applicata una serie di strumenti multidisciplinari in studi di archeomalacologia (ovvero la branca dell’archeologia dedicata allo studio dei molluschi in rapporto con gli esseri umani) con l’analisi degli isotopi stabili di ossigeno nei resti di conchiglie recuperati dal sito della grotta di El Mazo (Asturie, Spagna settentrionale), la cui sequenza stratigrafica copre 1500 anni rendendolo un contesto peculiare lungo la costa atlantica europea, in grado oltretutto di offrire ai ricercatori una risoluzione cronologica particolareggiata di ogni strato archeologico.

Secondo i risultati dello studio è stato possibile determinare come le temperature più fredde dell’acqua di mare (dedotte grazie ai valori stabili degli isotopi dell’ossigeno misurati nelle conchiglie marine) indussero mutamenti nella disponibilità di diverse specie di molluschi come cibo per gli antichi umani.

P. lineatus, una delle specie più consumate e adattate ai climi caldi, entrò in crisi durante l’evento di 8,2 ka mentre le popolazioni di P. vulgata, una specie che al contrario predilige climi freddi e anch’essa molto consumata, sono invece aumentate. Anche la Patella depressa, pur adattata al caldo, prosperò durante questo periodo freddo a causa di una maggiore resistenza alle basse temperature rispetto ad altre specie di acqua calda.

L’incremento della raccolta di molluschi non fu tale da mettere in pericolo la sussistenza di questa fonte di cibo

I dati descrivono poi una diminuzione nella dimensione media dei molluschi a seguito di un incremento nella raccolta nelle aree costiere meno agevoli da raggiungere, dimostrando l’intensificarsi dello sfruttamento dei molluschi da parte delle popolazioni umane conseguenza, secondo gli autori dello studio, della crescita demografica negli ambienti costieri atlantici divenuti una sorta di rifugio durante l’evento freddo, portando le popolazioni a trasferirvisi dall’entroterra.

Le popolazioni della regione di El Mazo riuscirono comunque a evitare uno sfruttamento eccessivo delle loro risorse costiere, come dimostra il fatto che raramente la dimensione media dei molluschi scese sotto i 20 mm, ritenuto oggi il limite per garantire la sopravvivenza a lungo termine delle specie.

I risultati narrano in definitiva di un’applicazione continua delle conoscenze ecologiche marine locali da parte di alcuni degli ultimi raccoglitori dell’Europa occidentale, nonostante i grandi cambiamenti climatici e demografici. Lo studio, che combina l’analisi tassonomica, geochimica e cronologica dei molluschi dei siti archeologici in esame, riveste implicazioni fondamentali per ricerche in settori paralleli come quelle mirate a determinare il significato del cambiamento climatico sugli ambienti marini, fornendo inoltre indizi dettagliati sull’entità e sulla natura dei cambiamenti climatici futuri e sul loro impatto sulla società moderna.

Per ulteriori informazioni: Human forager response to abrupt climate change at 8.2 ka on the Atlantic coast of Europe di Asier García-Escárzaga et al, Scientific Reports (2022).

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