Il 2 giugno 1946, un anno dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e la caduta di Benito Mussolini, gli italiani, con un referendum istituzionale, diedero vita alla Repubblica Italiana. In vista della festa del 2 giugno, giorno in cui lo si ricorda, diamo un’occhiata più da vicino a questo evento.
Oggi viene ricordata, e festeggiata, ogni 2 giugno, ma la sua nascita ufficiale è avvenuta il 2 giugno 1946.
Quel giorno, a un anno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla caduta di Benito Mussolini, fu anche il primo giorno di vita della neonata Repubblica Italiana.
A deciderne la nascita furono gli italiani, che con un referendum istituzionale avevano votato per sostituire la monarchia con una repubblica.
Nascita della Repubblica Italiana: cos’era avvenuto 24 ore prima
Il 2 giugno 1946, poche ore prima che la neo Repubblica diventasse una realtà, la Corte Suprema Italiana, con una semplice ma storica cerimonia tenutasi nel palazzo del Parlamento, annunciò il risultato completo del referendum sulla monarchia.
Fin dalle prime ore del mattino c’era stata la fila fuori dal Parlamento per i pochi posti messi a disposizione per il pubblico per la cerimonia di quella sera.
Il presidente dell’Alta Corte di Cassazione, con sei presidenti in sezione, tutti in abito nero, si trovavano a un’estremità della sala, con il Governo Italiano, quando il Presidente aveva annunciato i dati quasi completi della votazione:
Per la Repubblica: 12’672’767
Per la Monarchia: 10’688’305
Il tribunale, subito dopo la lettura dei risultati, dichiarò che alcune obiezioni dovevano essere ancora esaminate e che mancavano alcuni risultati, per cui ci si chiedeva se la Repubblica fosse stata ufficialmente proclamata.
Alcide De Gasperi aggiunse anche che, se re Umberto II di Savoia se ne andava quella sera oppure domani, se ne sarebbe andato comunque come “Re” d’Italia.
Non c’era alcun motivo personale per cui il Re dovesse essere cacciato, visto che, nei pochi giorni in cui era stato in carica, si era comportato molto bene.
Alcide De Gasperi, il nuovo capo di Stato
Dalla sera del 2 giugno 1946, Alcide De Gasperi diventò non solo primo ministro, ma anche capo dello Stato Italiano.
Si trattava, peraltro, di una misura temporanea fino alla prima riunione della nuova Assemblea Costituente, che avrebbe poi eletto il primo presidente italiano della neonata Repubblica.
Quella settimana del 1946, i partiti comunista e socialista riunirono anche i loro consigli direttivi per decidere circa la loro partecipazione al nuovo governo.
Non era ancora chiaro se Alcide De Gasperi intendeva invitare altri partiti o gruppi a far parte del suo nuovo gabinetto, quando quest’ultimo si sarebbe formato.
Chi erano i sostenitori della Monarchia e i timori dei repubblicani
Tra gli oltre dieci milioni di persone che avevano votato per la Monarchia, c’era uno zoccolo duro che sembrava ancora prevedere disordini dell’ultimo minuto.
Il principale covo monarchico si trovava proprio di fronte al Parlamento, nella sede di Italia Nuova, e proprio lì, nel cortile, c’era un distaccamento di un centinaio di marinai italiani, che di notte si coricavano con i loro cannoni Bren.
Fuori dal Parlamento, invece, c’erano tre carri armati italiani in servizio giorno e notte.
La notte del 2 giugno 1946 una grande folla si radunò intorno al palazzo.
La situazione era molto tesa, perché si stava diffondendo anche la voce che re Umberto II era determinato a tenere duro fino a un secondo referendum.
Per molti repubblicani la loro vittoria cominciò già ad essere macchiata da possibili compromessi, che non facevano ben sperare per il futuro.
Il primo 2 giugno della neo Repubblica Italiana: la rivolta a Napoli
Una paura che si rivelò fondata, perché, quella stessa notte, ci furono numerosi disordini in tutta Italia, provocati dalla frangia dei monarchici.
L’episodio più grave accadde a Napoli: qui 10’000 monarchici presero d’assalto il Municipio del capoluogo partenopeo, sfondando un cordone di polizia, spaccando le finestre e issando la bandiera della Casa Savoia sull’edificio.
La folla inferocita, non potendo prendersela direttamente con quelli che, a detta sua, erano i principali responsabili della caduta della Monarchia in Italia, attaccò anche gli uffici del giornale repubblicano La Voce.
La polizia riuscì a disperdere i manifestanti dopo ore di scontri e dopo che quest’ultimi avevano cercato di dare fuoco anche alla sede del partito comunista.
Otto giorni dopo: il “funerale” di Giacomo Matteotti
Otto giorni dopo la proclamazione della Repubblica, sulle rive del Tevere e a diversi chilometri da Napoli, ci fu un altro evento molto significativo.
Pietro Nenni e Ferruccio Parri, esattamente a ventidue anni dal suo assassinio, commemorarono il ventiduesimo anniversario della morte del politico, giornalista e antifascista italiano Giacomo Matteotti davanti a una folla numerosa di repubblicani.
Parri, ricordando l’ex segretario del Partito Socialista Unitario, in quell’occasione disse che la cerimonia di quel pomeriggio dell’Alta Corte era stata come un funerale, ma che proprio lì e ora, stavano celebrando davvero anche la loro vittoria.
Una vittoria che, come vedremo negli anni successivi, darà vita ad altri scontri molto accesi e, in un certo senso, sarà anche la causa di uno dei periodi più bui della storia italiana: gli Anni di Piombo, durante i quali il dibattito politico si tramutò in violenze di piazza, lotta armata, terrorismo, sequestri e omicidi di esponenti di spicco dell’una o dell’altra fazione.
Di Francesca Orelli
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