La prima istantanea che ci viene da associare al nome dello scienziato italiano Galileo Galilei è certamente legata al telescopio o a un pendolo, ma ne potremmo trovare numerose altre. Infatti, al di là della scienza, Galilei nutrì tantissimi interessi, fra cui quelli per la letteratura italiana.
Nel periodo in cui visse a Pisa, Galileo dedicò molto tempo all’approfondimento dei poemi di Torquato Tasso e Ludovico Ariosto dei quali ci sono rimasti svariati appunti e commenti a margine dei testi.
Oltre alla lettura di questi poemi, Galileo Galilei ci ha lasciato anche delle considerazioni sulla Divina Commedia in Lezioni sulla figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante, scritte fra il 1587 e il 1588.
La selva oscura di Dante si trova fra Cuma e Napoli secondo Galileo
L’immagine della selva selvaggia che apre il primo Canto della Divina Commedia è molto suggestiva e ha suscitato, nel tempo, interrogativi su dove si trovasse esattamente il luogo con cui Dante ci introduce nel viaggio più famoso della letteratura italiana.
Anche Galileo si cimentò con questo interrogativo e concluse che la selva oscura di Dante si trova tra Cuma e Napoli, in Campania. Da scienziato e padre della scienza moderna, Galileo utilizzò il metodo scientifico per trovare la collocazione della selva.
La sua tesi si muove, infatti, dalla ricerca di indizi e misure che l’osservazione della natura offre; sulla base di questi rilievi, Galileo deduce e calcola, utilizzando le regole ferree della matematica, dove si trova l’Inferno.
Dunque, Galileo calcola che il cerchio della sboccatura dell’Inferno si trova attorno a Napoli. Inoltre, l’osservazione dei territori circostanti, come il lago Averno e il monte Drago, suscita orrore, secondo l’analisi di Galileo, e quindi conferma che questi territori sono adiacenti all’Inferno.
Da ultimo, Cuma è il luogo dove, secondo Virgilio, si accedeva per l’inferno. Dante avrebbe, quindi, scelto il medesimo luogo individuato dalla sua scorta nel viaggio per collocare l’entrata dell’inferno.
Aveva ragione Galileo?
Gli studiosi oggigiorno sono scettici a dare ragione a Galileo: la tesi più accreditata vuole che Dante non abbia volutamente individuato un luogo reale dove collocare la selva e da qui accedere all’inferno.
Ciò non toglie che Dante ha segnato una nuova via rispetto alla tradizione: Dante descrive la selva attingendo a immagini e sensazioni che la natura viva e reale gli suscita, dopo un’attenta e acuta osservazione di ciò che lo circonda.
La scelta di una soluzione descrittiva realistica rappresenta l’ennesima ventata di novità che il capolavoro dantesco porta nella letteratura italiana: la descrizione della realtà facendo ricorso a parole ed espressioni quanto mai realistiche.
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