Un’eruzione vulcanica retrodata di 33.000 anni i fossili di Homo sapiens in Etiopia
Una collezione di reperti conosciuta come Omo 1: rinvenuti nel 1967 in Etiopia e datati fra un minimo di 100.000 a un massimo di 200.000 anni, sono i più antichi resti umani (Homo sapiens) mai scoperti. Ma un nuovo studio porta a retrodatare i fossili di ulteriori 33.000 anni.
Si tratta di una differenza temporale determinante nel processo di comprensione di come gli esseri umani si siano evoluti in Africa, come spiega Tim White, professore di biologia presso l’Università della California Berkeley.
I reperti consistono in una mascella inferiore e ossa del cranio e del busto
“Per ricostruire quel lasso di tempo è necessario disporre di tecniche di datazione accurate”, continua. “Purtroppo siamo appena oltre i limiti della datazione al radiocarbonio (C-14). È quindi necessario impiegare altri metodi per datare correttamente questi fossili”.
Una delle tecniche alternative consiste nel determinare l’età delle ossa grazie all’ambiente in cui furono trovate: nel caso di Omo 1, all’interno di uno strato di cenere vulcanica.
La prima datazione secondo questa metodologia generò controversie poiché fu utilizzato uno strato di cenere che si supponeva si trovasse appena sotto i resti di Omo 1, spiega Céline Vidal, vulcanologa dell’Università di Cambridge. “Ma non fu prelevata dov’erano stati effettivamente trovati i fossili. I campioni vennero raccolti un po’ più lontano”.
Lo strato di cenere sopra Omo 1 è composto di polveri fini come farina e ciò ne ha reso difficile l’analisi, almeno fino a oggi: grazie alle nuove tecnologie nel frattempo divenute disponibili, Vidal e i suoi colleghi hanno scoperto che quella cenere vulcanica possiede la stessa impronta chimica di una massiccia eruzione vulcanica verificatasi più di 233.000 anni fa.
Il nuovo studio può riscrivere la storia dei primi uomini
L’analisi si basa sul principio che ogni eruzione ha un’impronta, una firma chimica unica, spiega Vidal; quindi, quando si rileva la firma di uno strato di cenere si può controllare se sia correlata alla firma di uno strato di cenere in un altro sito e, se conosciamo l’età di quel deposito, allora possiamo conoscere anche l’età del deposito oggetto di studio grazie a questa correlazione. Omo 1 si trovava sotto lo strato di cenere associato a quella specifica eruzione, perciò Vidal ritiene le ossa siano almeno 33.000 anni più vecchie di quanto si pensasse in precedenza.
Lo studio suscita diverse domande riguardo l’Homo sapiens durante quell’epoca: “A che punto queste persone migrarono fuori dall’Africa? Qual era la loro tecnologia? E come si può descrivere l’ambiente in cui vivevano, com’era l’Africa a quei tempi? Tutto ciò dipende da un robusto quadro geologico ma soprattutto cronologico”, illustra il professor White “Ed è ciò che questo nuovo studio ha fornito riguardo uno degli scheletri più completi relazionabili a questo periodo di tempo.”
In altre parole, se questi resti umani sono molto più antichi di quanto pensassimo, potrebbe esserlo anche la storia dell’umanità.
La ricerca “Age of the oldest known Homo sapiens from eastern Africa“ è stata pubblicata su Nature (gennaio 2022).