“È una svolta nella nostra comprensione di quel che accade alle stelle massicce pochi istanti prima di morire”, sono le parole di Wynn Jacobson-Galán, astronomo nell’ambito del National Science Foundation Graduate Research Fellowship presso l’Università della California Berkeley e primo autore della ricerca riguardo l’osservazione di una supergigante rossa, (SN) 2020tlf, negli attimi che hanno preceduto la sua esplosione.
È infatti naturalmente molto più facile per i ricercatori osservare le conseguenze dell’esplosione di una supernova, gli effetti dopo che il fenomeno si è già verificato. E anche individuare un potenziale candidato è solo un primo passo, visto che in campo astronomico come in geologia “imminente” può voler dire la settimana prossima come fra centomila anni.
Fuori della nostra galassia
La stella esplosa si trova nella galassia NGC 5731, a 120 milioni di anni luce da noi, e possedeva una massa pari a dieci-dodici volte quella del Sole. Gli astronomi hanno iniziato a tenere sotto controllo la regione in cui si trova a partire dal 18 gennaio 2020 con il telescopio orbitante Pan-STARRS (nell’ambito dello Young Supernova Experiment) il quale rilevò una significativa attività a partire da quasi quattro mesi prima dell’esplosione, infine confermata dall’Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System (ATLAS) il 16 settembre 2020.
I ricercatori hanno messo insieme tutti i dati, da quelli d’archivio fino a un anno dopo l’evento, per elaborare la nuova ricerca incentrata sullo studio del comportamento della supergigante rossa nel periodo che ha preceduto la sua evoluzione in supernova, soprattutto quegli ultimi quattro mesi: le osservazioni finora disponibili non avevano mai mostrato modifiche significative nel comportamento di una supergigante rossa nelle fasi immediatamente precedenti la propria esplosione, ma l’attività di SN 2020tlf indica che possano sussistere segnali d’allarme rilevabili.
Un comportamento inatteso in una supergigante rossa
SN 2020tlf è, in base all’analisi spettroscopica, una supernova di Tipo IIP, supergiganti rosse che tipicamente mostrano una luminosità costante (in gergo, Plateau) nei tre mesi che precedono l’esplosione. Ma questo è il primo caso in cui sia stato rilevato, in questa tipologia, un aumento nell’emissione luminosa prima dell’esplosione. Nello studio sono state fondamentali le osservazioni eseguite tramite i telescopi gemelli dell’Osservatorio Keck delle Hawaii.
“È stato come osservare una bomba a orologeria. Non disponevamo di osservazioni di un’attività così violenta in una stella supergigante rossa morente, una tale emissione di luminosità, per poi collassare e bruciare, prima d’ora”, commenta Raffaella Margutti, fra le autrici della ricerca e astrofisica presso l’Università della California Berkeley.
“Sono molto eccitato dalle possibilità di ricerca sul nuovo ignoto che potrebbero essere state aperte da questa scoperta”, dice Jacobson-Galán. “Rilevare più eventi come SN 2020tlf avrà un grande impatto sul modo in cui definiamo gli ultimi mesi dell’evoluzione stellare, unendo osservazione e teoria nella ricerca verso la soluzione del mistero su come le stelle massicce trascorrano gli ultimi momenti della loro vita”.
I ricercatori contano di poter ritrovare questi segnali precursori in ogni supergigante rossa, ma si tratta di variazioni molto deboli, difficili da rilevare; sarà necessario l’utilizzo di strumenti dedicati e all’avanguardia, come quelli in dotazione al nuovo osservatorio intitolato a Vera Rubin.
La ricerca “Final Moments. I. Precursor Emission, Envelope Inflation, and Enhanced Mass Loss Preceding the Luminous Type II Supernova 2020tlf“ è stata pubblicata sul The Astrophysical Journal (2022).