Il grafene viene spesso definito e a ragione il materiale delle meraviglie per via delle sue caratteristiche rivoluzionarie che stanno sempre più trovando applicazione nel mondo reale, ma nel corso degli ultimi anni sono nati degli sfidanti al titolo come i PNR, nanoribbon di fosforene.
La scoperta di questo nuovo materiale risale appena al 2019, tanto che non si è ancora affermata una traduzione italiana di uso comune: potremmo chiamarlo nanostrisce di fosforene ma si sta anche diffondendo il neologismo nanoribboni per indicare la classe di materiali accomunati da questa particolare struttura atomica.
I nanomateriali come il grafene sono composti da un singolo strato di atomi
Anche in questo caso siamo di fronte a un materiale bidimensionale, formato da un singolo strato di atomi. Dal momento della sua scoperta, sono centinaia gli studi pubblicati che ne predicono proprietà in grado di apportare benefici a ogni tipologia di dispositivi elettronici, dalle batterie ai computer quantistici alla biomedicina. Ma si era trattato di teoria, senza ancora dimostrazioni pratiche.
Un team di ricercatori guidati dall’Imperial College e dallo University College di Londra è oggi riuscito a dimostrare che l’utilizzo dei PNR all’interno di un dispositivo reale è effettivamente in grado di amplificarne prestazioni ed efficienza, un primo passo verso la conferma che l’entusiasmo che circonda questo nuovo materiale sia da ritenersi in prospettiva giustificato.
In questo caso l’esperimento riguarda la realizzazione di celle fotovoltaiche ad alte prestazioni ed è stato eseguito combinando il PNR con un altra classe di materiali entrati di prepotenza in questo settore negli ultimi anni, i perovskiti: essi presentano vantaggi rispetto al silicio poiché si possono realizzare celle solari sottili e flessibili e dotate di notevole efficienza, ma sono anche più facilmente deteriorabili e le ricerche oggi puntano soprattutto verso un ibrido silicio-perovskite.
I test di fattibilità non includono le ottimizzazioni che incrementeranno le performance del materiale
Un nuovo nanomateriale come il fosforene in nanostrisce può essere facilmente stampato in modo da formare strati da abbinare alla perovskite per affinarne l’efficienza e le funzionalità. In laboratorio, i ricercatori sono riusciti con questa combinazione a portare l’efficienza delle celle di perovskite al 21%, più o meno lo stesso livello delle celle al silicio attualmente in commercio. Ma soprattutto si è stati in grado di capire anche perché ciò accada.
Lo studio dice che l’utilizzo del PNR incrementa la mobilità delle lacune, le particelle (più precisamente quasiparticelle) che insieme agli elettroni sono responsabili del trasporto dell’elettricità: incrementandone la mobilità, l’agevolezza con la quale scorrono attraverso gli strati di materiali, i PNR incrementano l’efficienza del dispositivo.
Questa prima validazione pratica delle qualità dei PNR dimostra le potenzialità nel settore dell’optoelettronica, la branca che si occupa dei dispositivi che interagiscono con la luce, sia in emissione che in ricezione, e che la strada verso la progettazione ad hoc di nuovi, più efficienti dispositivi il cui design potrà essere modificato sulla base di questa nuova tecnologia è aperta. Ulteriori studi potranno inoltre dirci quali modifiche sulla superficie delle nanostrisce indurranno ulteriori miglioramenti nelle proprietà elettroniche dei PNR.
La ricerca “Phosphorene Nanoribbon-Augmented Optoelectronics for Enhanced Hole Extraction“ e stato pubblicato sul Journal of The American Chemical Society (2021)