Scultore, pittore e autore delle più grandi opere artistiche del Rinascimento italiano, Michelangelo Buonarroti è stato questo, ma non solo. Fu anche scrittore: ci rimangono madrigali e rime, e, frutto del periodo l’amicizia fra Vittoria Colonna e Michelangelo, sonetti con tema amor platonico.
Vittoria Colonna e l’amicizia con Michelangelo
Nobile e poetessa, Vittoria Colonna coltivò amicizie con gli intellettuali del suo tempo: attorno a lei ruotavano personaggi del calibro di Bernardo Tasso o Ludovico Ariosto, anche se il più importante artista con cui si relazionò fu indubbiamente Michelangelo Buonarroti.
L’amicizia fra Vittoria Colonna e Michelangelo fu solida e duratura: ci rimangono i componimenti che Michelangelo produsse per Vittoria, inclusi diversi sonetti e madrigali. Fra loro nacque anche un amore platonico e, verosimilmente, lei influì anche sulla sfera religiosa dell’artista.
Non sono mancati in letteratura, arte e cinematografia opere che abbiano immortalato questa nobile e profonda relazione. Fra queste, uno dei racconti di Valerio Massimo Manfredi contenuto nella raccolta “I Cento Cavalieri”.
“La statua di neve”: l’omaggio di V. M. Manfredi all’amore platonico fra Vittoria Colonna e Michelangelo
“La statua di neve” è un breve, ma toccante brano che tratteggia l’amore, platonico ed ideale, che reciprocamente provarono i due artisti. Siamo in una sera invernale a Roma; Michelangelo, ormai anziano, si reca da Vittoria che gli avanza una richiesta insolita.
Affascinata da un racconto di Giorgio Vasari, il celebre biografo rinascimentale, secondo il quale Michelangelo avrebbe, in gioventù, scolpito una statua di neve, Vittoria chiede all’amico di volerla omaggiare con un’analoga opera, approfittando della neve che cade copiosa.
Commosso, Michelangelo accetta con incredulità, dato che più volte si era offerto di immortalare l’amica con un’opera e ogni volta ne era seguito un diniego. Vittoria Colonna replicherà sostenendo che, per la sua caducità, la neve è la sola materia che le consente di conservare la sua dignità.
E così, denudandosi, si mette in posa e Michelangelo realizza la statua. Lo stile fluido, tipico dei racconti di Valerio Massimo Manfredi, unito alla sapiente caratterizzazione dei personaggi, rendono questo racconto piacevole e spunto di riflessione su molti temi.
Amicizia, amore platonico, ma anche arte ed eternità: limitandoci solamente a quest’ultimo aspetto, ci chiediamo, nel leggere il racconto, quante opere d’arte sono nate, ma sono anche state distrutte volontariamente, per mano di autori e soggetti?
Quanto ci siamo persi? O, da un altro punto di vista, quante opere abbiamo conosciuto e apprezzato non solo perché ci sono stati autori capaci di tradurre in immagini, in oggetti la realtà, ma perché ci sono stati soggetti disposti a farsi immortalare?
Domande aperte che stridono con la nostra realtà contemporanea nella quale fotografare, riprendere e tenere memoria di tutto, anche delle cose meno significanti, è a tratti un piacere, a tratti un dovere, più spesso un’abitudine.