Il deserto di Atacama costituisce per le sue caratteristiche un luogo ideale per le osservazioni astronomiche, tanto che qui ha sede lo European Southern Observatory dell’Agenzia Spaziale Europea. Ora è stato scoperto un altro legame con il cielo: una vasta area di questa regione potrebbe portare i segni dell’esplosione di una cometa in atmosfera 12000 anni fa.
Nel deserto cileno esiste in particolare una zona della Pampa del Tamarugal, stretta fra le Ande e la Cordigliera della Costa, un corridoio di 75 km caratterizzato dalla presenza di formazioni dal colore oscillante fra il verde scuro e il nero. Si tratta di vetro di silicato sulla cui origine da tempo si dibatte.
Vi sono prove di vasti incendi nelle Americhe del pliocene, ma non bastano a causare la vetrificazione
Per generare un simile fenomeno di fusione in grado di mutare la roccia in vetro sono necessarie temperature altissime, non raggiungibili da incendi boschivi neppure di vaste proporzioni sebbene questa ipotesi fosse stata presa in considerazione (Atacama un tempo presentava una lussureggiante vegetazione tropicale). E non vi sono prove che lo riconduca ad attività vulcanica.
Esistono anche altre caratteristiche delle lastre di vetro che escludono l’ipotesi incendio: le rocce vitree mostrano di essere state ritorte, piegate, laminate e scagliate con forza mentre erano ancora fuse. Ciò sarebbe compatibile con gli effetti dell’esplosione di un bolide nell’atmosfera sovrastante, che oltre all’intenso calore avrebbe generato anche venti d’intensità paragonabile a quella d’un tornado.
Uno studio geochimico compiuto dal team di Pete Schultz, dell’Università Brown di Providence (Rhode Island) in collaborazione con il Fernbank Science Center di Atlanta, l’Università di Santo Tomás (Cile) e il Servizio di Geologia e Mineralogia del Cile conferma l’ipotesi “extraterrestre”: l’accurata analisi chimica di trecento campioni prelevati in diversi depositi lungo tutta la regione rivela la presenza di zirconi decomposti per via termica in baddeleyite; affinché abbia luogo questa transizione sono necessarie temperature superiori ai 1670° Celsius, molto più di quanti ne possa generare un incendio boschivo.
La firma della cometa
Inoltre, i campioni analizzati includono materiali esotici tipicamente riscontrabili nelle rocce extraterrestri: cubanite, troilite, inclusioni ricche di calcio e alluminio formano uno schema distintivo paragonabile a quello della cometa Wild-2, oggetto della missione Stardust della NASA che nel 2006 ne riportò campioni sulla Terra. In effetti questa corrispondenza fa pensare a una cometa molto più che a una meteora.
Per generare un simile effetto di vetrificazione su una così vasta area, l’energia sprigionata dall’esplosione dev’essere stata tremenda, assolutamente non paragonabile a nulla di documentato in epoca storica. La datazione fra i 12.300 e gli 11.500 anni fa è ancora provvisoria, sono necessari ulteriori studi per determinarla con certezza, ma se fosse confermata vi sarebbe una coincidenza con l’epoca dell’estinzione della megafauna, i grandi mammiferi, in Sudamerica.
Non è al momento possibile stabilire se vi sia un legame fra i due eventi ed è plausibile gli antichi esseri umani abbiano potuto assistere coi propri occhi all’esplosione in cielo della cometa. Future analisi mireranno a stimare anche le dimensioni dell’oggetto in questione e il professor Schultz spera lo studio del sito di Atacama possa costituire la base per affinare metodi di ricerca su altri eventi analoghi verificatisi sul nostro pianeta.
La ricerca “Widespread glasses generated by cometary fireballs during the late Pleistocene in the Atacama Desert, Chile“ è stata pubblicata sulla rivista Geology (2021).