21 Novembre 2024
streghe

Un cappello a punta e una scopa, un naso importante e un sorriso arcigno sono le caratteristiche che accomunano ogni strega nella letteratura. Tutte tranne la protagonista della “La strega innamorata” di Pasquale Festa Campanile, romanzo storico ambientato nella Roma del Seicento.

Isidora, la strega per niente befana di Festa Campanile

Giovane, carina e un po’ troppo ingenua, Isidora, la strega nata dalla penna di Pasquale Festa Campanile, sfugge dalla descrizione tipica delle streghe. Eppure lei è una strega: vede nel futuro, ha delle premonizioni e riesce a fare “numeri da maga”.

Ben poco pratica delle cose di mondo, Isidora, figlia di due stregoni, si inimicherà per uno scherzo una potente signora del suo paese, donna Olimpia, che la denuncerà alle autorità competenti per stregoneria.

Condannata alla scomunica e alla morte al rogo, Isidora sfuggirà dalle grinfie (e dalle avances) di padre Moncada, suo inquisitore, trovando rifugio presso sua sorella, Agnese, amante di un noto cardinale.

Per sopravvivere, si travestirà, sceglierà il mestiere di prostituta prima e cortigiana dopo nella Roma sempre più corrotta dei tempi, cercando per tutta la vita di sfuggire dalla sentenza di condanna che grava sul suo capo.

L’umiliante condizione femminile, fra stregoneria e prostituzione

Proprio la costante presenza della sentenza fra le pagine annovera “La strega innamorata” di Pasquale Festa Campanile come uno dei romanzi sull’Inquisizione: lo sdegno sale nel leggere delle torture a cui le povere sospettate streghe venivano sottoposte, pur di estorcere una confessione.

E le pochissime che riuscivano a fuggire, come la nostra Isidora, dovevano darsi alla macchia, vivendo sempre con il terrore di essere scoperte e consegnate al braccio della giustizia. Quanto alla denuncia per stregoneria, bastava davvero poco. Il più delle volte era per invidia o gelosia.

Oltre ad essere catalogato fra i romanzi sull’Inquisizione e a darci una completa descrizione della strega nella letteratura, il libro accende i riflettori su un’altra umiliante condizione che le donne hanno vissuto nella storia: la prostituzione.

Pasquale Festa Campanile ci traccia un quadro degradante di tale condizione in ogni sua forma, compresa l’essere amante di un potente, nonostante ai tempi fosse ritenuto uno status sociale migliore di altri.

Di striscio, accenna anche alla condizione delle donne comuni che comunque, fra lavori pesanti e matrimoni infelici, conducevano una vita ben lontana dall’essere fonte se non di considerazione, per lo meno di serenità.
Un libro che, anche a costo della rudezza e brutalità, ci restituisce un quadro drammaticamente completo della vita che una donna conduceva nel Seicento, perennemente in ostaggio del potere e delle minacce, qualunque fosse il suo ruolo nella società.

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