21 Novembre 2024
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Giuditta e Oloferne è un gruppo scultoreo in bronzo realizzato da Donatello tra il 1453 e il 1457, intorno agli ultimi anni della sua carriera artistica. A partire dal 1988, la statua è conservata presso la Sala dei Gigli all’interno di Palazzo Vecchio a Firenze.

Questa spettacolare opera di Donatello si discosta dallo stile classico ed armonioso, tipico delle sue prime opere (si veda il David), ed è animata da una carica espressiva del tutto nuova, che rappresenta in maniera molto realistica l’intensità dei sentimenti dei personaggi.

Cenni storici

La statua di Giuditta e Oloferne fu commissionata a Donatello da Cosimo de’ Medici (detto “il Vecchio”) o dal figlio Piero detto “il Gottoso” in ricordo del padre. Secondo alcuni studiosi, la scultura fu inizialmente realizzata per la Cattedrale di Siena e soltanto in seguito fu acquistata dalla famiglia Medici.

L’opera fu in un primo momento collocata nel giardino di Palazzo Medici, ma in seguito alla seconda cacciata dei Medici (nel 1494) venne collocata in Piazza della Signoria, davanti Palazzo Vecchio, come simbolo della vittoria del popolo fiorentino sulla tirannide. Nel 1506, l’opera di Donatello lasciava il posto al gigantesco David di Michelangelo, che da quel momento dettò i nuovi canoni di grandezza delle opere presenti nella piazza.

La statua di Giuditta e Oloferne fu così spostata sotto la Loggia della Signoria, fino a quando nel 1582 venne spostata sul lato stretto (verso gli Uffizi), sostituita dal Ratto delle Sabine di Giambologna. Durante le due guerre mondiali, la statua fu conservata nei depositi ed in seguito fu riposizionata sull’Arengario di Palazzo Vecchio. Dal 1988, in seguito ad un accurato restauro, la scultura si trova all’interno di Palazzo Vecchio ed è stata sostituita all’esterno da una copia.

Descrizione e analisi dell’opera

L’opera di Donatello raffigura il noto episodio biblico di Giuditta e Oloferne, in cui la giovane donna salva la propria città di Betulia dall’assedio dell’esercito babilonese di Nabucodonosor. Con grande astuzia, Giuditta si fa accogliere di notte nel campo di Oloferne, generale delle truppe nemiche, facendolo ubriacare. Mentre il generale si addormenta nella sua tenda, Giuditta lo decapita con la sua spada e rientra vittoriosa nella sua città, facendo ritirare l’esercito nemico rimasto senza il proprio comandante. Il significato di questo episodio biblico si può interpretare come la personificazione della virtù dell’Umiltà che vince sul peccato della Superbia.

Donatello, Giuditta e Oloferne, 1453-1457, Palazzo Vecchio, Firenze.

Donatello concepì il gruppo scultoreo di Giuditta e Oloferne in modo tale da invitare lo spettatore a girare attorno alla statua per poterla apprezzare da ogni angolazione: i due soggetti sono, infatti, disposti in maniera intrecciata ma rivolti con il viso verso direzioni opposte, mentre il cuscino su cui è seduto Oloferne è in posizione sfalsata rispetto alla base.

L’opera è stata realizzata con la tecnica di fusione a cera persa e Donatello la suddivise in 11 parti per poi comporla. Giuditta è rappresentata nel momento in cui mozza la testa a Oloferne, con la mano che impugna la spada sollevata verso l’alto. Nonostante il momento drammatico e violento, tuttavia, la sua espressione è composta ed il suo sguardo è come perso nel vuoto. Il basamento raffigura dei putti in bassorilievo con scene di ebbrezza che rimandano chiaramente all’ubriachezza del generale Oloferne.

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