Il Satiro Danzante è una statua di bronzo preziosa, recuperata anni fa nel Canale di Sicilia ed è l’emblema della bellezza mediterranea. La statua, prodotto originale dell’arte greca di epoca classica o ellenistica, è stata datata intorno alla fine del IV secolo a.C. ed è stata attribuita alla scuola del grande artista Prassitele.
La scultura rappresenta un sileno, ma per opinione comune viene indicata come un satiro, una figura mitologica presente nelle feste orgiastiche del dio Dioniso, raffigurato con sembianze affascinanti e sensuali.
Storia dell’opera
L’opera è stata rivenuta nei fondali del Canale di Sicilia nel mese di luglio del 1997, grazie al peschereccio “Capitan Ciccio” comandato da Francesco Adragna, che ripescò la gamba di una scultura bronzea.
Sempre il peschereccio riportò a galla buona parte del resto della scultura nella notte fra il 4 e il 5 marzo del 1998, ma purtroppo un braccio non venne mai ritrovato. Ad acquisire il reperto fu la Regione Siciliana che ne autorizzò l’esposizione temporanea nell’ex chiesa di Sant’Egidio, a Mazara del Vallo.
Nel 1998 vennero effettuati degli interventi sui due frammenti della statua da parte dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma. Il Satiro Danzante venne esposto nel 2003 a Palazzo Montecitorio, poi ai Musei Capitolini, per poi tornare a Mazara del Vallo. La Regione Siciliana nel 2005 ha istituito il Museo del Satiro Danzante, dove ad oggi si trova l’opera.
Oltre al capolavoro di Prassitele, il Museo del Satiro espone reperti provenienti dalle acque del Canale di Sicilia, fra cui un calderone bronzeo di epoca medievale, il frammento bronzeo di zampa di elefante di epoca punico-ellenistica, una selezione di anfore da trasporto del periodo arcaico, classico, ellenistico, punico, romano e medievale. Nel museo si trovano anche due cannoni in ferro provenienti da Torretta Granitola.
Descrizione e datazione dell’opera
Le dimensioni del Satiro Danzante sono superiori al normale, infatti sono pari ad un modello in posizione verticale di circa 2,5 metri di altezza e pesa 96 kg. Il satiro è stato raffigurato nell’estasi della danza orgiastica, mentre il suo corpo esegue movimenti vorticosi.
Il capo abbandonato, i riccioli fluttuanti, le labbra socchiuse e l’espressione estasiata, data soprattutto dagli occhi in vetro colorato, perfettamente conservati, rendono pienamente l’idea della danza sensuale, confermata anche dalla torsione del busto.
Il satiro impugnava nelle mani il calice di vino e la canna del tirso ornata da un nastro, mentre le spalle erano coperte da una pelle di pantera. Chiunque osserva quest’opera ne rimane affascinato, tanto che ovunque è stata esposta, al Museo del Louvre di Parigi o al Museo Nazionale di Tokyo, ha riscosso sempre grande successo.
Riguardo alla sua datazione, l’archeologo Sebastiano Tusa avanzò l’ipotesi che la nave che trasportava il satiro fece naufragio tra il III e il II secolo a.C. in Tunisia, nell’area di mare tra Pantelleria e Capo Bon. Invece, secondo Paolo Moreno dell’Università di Roma Tre, la datazione dell’opera risale al IV secolo a.C. e si tratta del “satiro periboetos”, che Plinio ha citato come opera di Prassitele.