Durante l’era Cenozoica si verificò un evento di riscaldamento globale che segnò il passaggio dal Paleocene all’Eocene. A partire da quel momento (durato in realtà circa 20.000 anni), il mondo assistette a numerosi cambiamenti nello sviluppo della vita terrestre e marina, con l’inizio di una serie di diversificazioni che diedero origine a molti generi tutt’ora esistenti.
L’evento è noto come Massimo termico del Paleocene-Eocene (PETM)
Capire cosa sia esattamente successo durante un periodo di tempo così breve su scala geologica implica naturalmente molteplici difficoltà, ma ora i ricercatori dell’Università dello Utah hanno con successo utilizzato una tecnica basata sulla rilevazione di microscopiche tracce fossili di magnetismo.
Il metodo denominato FORC (First-Order Reversal Curves), permette di leggere i dati che ci possono fornire i magnetofossili, ovvero quel che rimane di antichi batteri detti magnetotattici in grado di produrre particelle magnetiche e creare una sorta di bussola su scala nanometrica che permette loro di spostarsi verso condizioni chimiche favorevoli allineandosi col campo magnetico terrestre.
Forme esotiche
Durante periodi di cambiamenti come l’Eocene essi potevano crescere fino a dimensioni anche decine di volte superiori alla media, assumendo forme anomale o particolarmente allungate. Ciò in funzione della necessità di trovare particolari condizioni o elementi chimici (come l’ossigeno) nell’ambiente in cui prosperavano.
Analizzando in particolare campioni di rocce sedimentarie della costa del New Jersey, i geologi hanno isolato tre sottocategorie di magnetofossili, ognuna delle quali in grado di fornire indicazioni specifiche sull’ambiente dell’epoca: il primo set include magnetofossili giganti a forma di ago associati all’incremento del ferro e l’espansione di un gradiente nel livello di ossigenazione e deossigenazione dell’acqua di mare.
Un secondo gruppo di magnetofossili può essere per analogia definito equante ed è in grado di “registrare” condizioni stabili e a lungo termine negli oceani, mentre un terzo set di magnetofossili “allungati” può fornire indicazioni sulle condizioni su base stagionale.
I batteri si adattano ai cambiamenti nell’ambiente
Le informazioni ricavate in questo modo consentono agli specialisti di stabilire una sorta di linea temporale nella chimica degli oceani durante eventi di riscaldamento globale e paragonarli a quello in corso; i risultati delle analisi sui magnetofossili del New Jersey parlano per esempio di un rapido declino nelle concentrazioni di ossigeno negli oceani di 55 milioni di anni fa, seguito da un periodo di fluttuazioni in tali livelli.
Tale genere di analisi mostra un grande potenziale (non raggiungibile con altre tipologie di fossili) nel comprendere come i cambiamenti climatici influiscano sui sensibili ecosistemi di ambienti come quelli costali, non solo nel passato ma anche nel presente e nel futuro.
Fonte: “Diversification of Iron-Biomineralizing Organisms During the Paleocene-Eocene Thermal Maximum: Evidence From Quantitative Unmixing of Magnetic Signatures of Conventional and Giant Magnetofossils” di Courtney L. Wagner, Ioan Lascu, Peter C. Lippert, Ramon Egli, Kenneth J. T. Livi e Helen B. Sears, Paleoceanography and Paleoclimatology (23 aprile 2021)
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