21 Novembre 2024
Asteroidi verso la Terra

Si riteneva la caduta di meteoriti sulla Terra dipendesse da turbamenti nelle orbite degli oggetti all'interno della Fascia Principale, fra Marte e Giove, ma forse tali eventi hanno avuto conseguenze minime per il nostro pianeta (Immagine Pixabay).

Uno studio su mezzo miliardo di anni di storia della Terra suggerisce che le meteoriti cadute sul nostro pianeta provengano da una zona molto delimitata della Cintura degli Asteroidi, contrariamente a quanto finora ritenuto.

Finora si era ritenuto che la caduta di meteoriti sulla Terra dipendesse in modo determinante da turbamenti, scontri fra oggetti di notevoli dimensioni, all’interno della Fascia degli Asteroidi fra Marte e Giove. Ma un nuovo studio potrebbe portare a rivedere quest’idea.

Ricercatori di istituti svedesi e americani hanno effettuato un lungo lavoro di raccolta di campioni di calcare, in realtà parliamo di tonnellate, prelevati da quelli che un tempo erano fondali marini in diverse parti del mondo, dalla Cina alla Russia alla Svezia, coprendo 15 periodi di quel lungo lasso di tempo chiamato Eone Fanerozoico (che ebbe inizio 545 milioni di anni fa).

Da un frammento, la storia di un meteorite

Il calcare è stato poi sciolto in acido con una tecnica che ha permesso il recupero degli spinelli di cromite in esso preservati. Sì tratta di minuscoli frammenti di ossido di cromo, resistente alla degradazione, che si trova all’interno delle meteoriti.

Come spiega il geologo Birger Schmitz dell’Università di Lund (Svezia), è stato esaminato ossido di cromo proveniente da oltre 10.000 meteoriti. L’analisi chimica ha poi consentito di determinare da quale tipo di meteorite i campioni provenissero.

I risultati di questo lungo e complesso lavoro parlano di un afflusso costante e stabile di meteoriti non condritiche (cioè sostanzialmente rocciose e povere di metalli), similmente a quanto accade tutt’oggi.

Un antico evento che non ha ancora cessato i propri effetti

Con una eccezione: 466 milioni di anni fa un corpo di Condrite L, una tipologia con un contenuto di ferro intorno al 23%, si frammentò; il 99% delle meteoriti precipitate sulla Terra in quel periodo veniva da questo singolo asteroide e complessivamente la pioggia di rocce dal cielo aumentò di 300 volte rispetto alla media.

L’evento si sarebbe attenuato lungo un periodo di 40 milioni di anni ma senza mai cessare del tutto. Anzi, i ricercatori ritengono un terzo delle meteoriti che oggi cade sul nostro pianeta provenga da quell’asteroide disgregatosi quasi mezzo miliardo di anni fa.

Dalla ricerca emerge in definitiva che delle 70 maggiori collisioni avvenute all’interno della Fascia degli Asteroidi solamente una abbia avuto significative conseguenze sulla caduta di meteoriti sulla Terra. Sembra che anche dopo una collisione importante la maggior parte delle rocce tenda a rimanere all’interno della fascia.

Le ragioni dietro questa meccanica devono ancora essere indagate, ma è evidente l’importanza di comprenderla al fine di proteggerci da eventuali future minacce, capendo quali siano le aree o i corpi della fascia (o altrove) da tenere maggiormente sotto controllo.

Meteoriti e dinosauri, un binomio inscindibile

Ma c’è un ulteriore mistero da risolvere: un “buco” di 190 milioni di anni, dal Carbonifero all’inizio del Giurassico, sostanzialmente privo di dati relativi agli spinelli di cromite. Eppure sappiamo da altre ricerche che in quel periodo si verificò effettivamente la disgregazione di un asteroide che provocò conseguenze sulla Terra.

E non vi sono testimonianze dell’incremento di campioni appartenenti a una famiglia di asteroidi denominata Baptistina (parte della tipologia di Condriti LL, composte di ferro per il 20%) che si formò probabilmente nel Cretaceo, nonostante proprio tale periodo sia il più denso quanto a campioni raccolti. Saranno quindi necessari ulteriori studi per comprendere le ragioni di queste discrepanze.

La ricerca Asteroid break-ups and meteorite delivery to Earth the past 500 million years” di
Fredrik Terfelt e Birger Schmitz è stata pubblicata su PNAS.

Guarda anche:

Rispondi

Sito in Manutenzione