L’Intelligenza Artificiale sta giorno dopo giorno avvolgendo sempre più le nostre vite. Quella che una volta veniva immaginata come la futura possibilità di creare robot che si sarebbero inevitabilmente rivoltati contro il genere umano, adesso non è più fantascienza, ma la risposta a problemi quotidiani che sempre più aziende e ricercatori stanno abbracciando per stare al passo coi tempi. Ma cos’è davvero l’AI?
Intelligenza Artificiale e Machine Learning
Per comprendere una scienza complessa come l’Intelligenza Artificiale, è necessario prima di tutto fare chiarezza su alcuni termini che vengono spesso confusi tra loro. In primis, bisogna scogliere un nodo cruciale: l’AI e il Machine Learning non sono la stessa cosa!
Quando facciamo riferimento all’Intelligenza Artificiale, parliamo di un campo estremamente vasto; possiamo riassumerla come la capacità, da parte di un sistema informatico, di simulare approssimativamente alcune funzioni cognitive tipiche degli esseri umani.
Lo svolgimento di un compito o l’apprendimento che passa attraverso i network cerebrali dell’individuo, viene riprodotto dalla macchina attraverso algoritmi che sfruttano regole logiche e matematiche.
Il Machine Learning, invece, può essere considerato come un’applicazione più specifica dell’Intelligenza Artificiale; questo, perché il Machine Learning (la parola apprendimento rappresenta in questo caso la chiave per la nostra comprensione della differenza) implica, appunto, un apprendimento automatico da parte della macchina.
In questo modo, un computer è in grado di imparare un compito specifico e di migliorarsi autonomamente grazie all’esperienza, ovvero i dati fornitigli.
Un esempio classico di utilizzo del Machine Learning
Una volta definito il Machine Learning come un sottoinsieme dell’Intelligenza Artificiale, possiamo provare ad immaginare un esempio che ci aiuti a capire definitivamente in cosa differisce l’apprendimento automatico insito nel Machine Learning rispetto ad un semplice programma informatico. Lo faremo attraverso un esempio classico riscontrabile in diversi manuali che trattano l’argomento.
Tutti riceviamo spam indirizzato alla nostra mail; pubblicità o truffe che i gestori dei servizi di mail sono in grado di individuare quasi sempre, scaricandole nell’apposita cartella.
Partendo dal presupposto che le mail contenenti spam sono caratterizzate da elementi tipici come errori grammaticali, sequenze di parole come “carta di credito” e simboli di valuta come “$” o “€”, sarebbe possibile costruire un programma composto da una serie di regole che individuano questi pattern e segnalano come spam le mail nei quali questi sono presenti.
Le frodi, in ogni caso, sono spesso frutto di personaggi che sanno adattarsi a nuovi e diversi contesti. Così, dopo un po’, le mail potrebbero cambiare e contenere parole e pattern leggermente diversi.
In questo caso, il programma antispam necessiterebbe di essere aggiornato costantemente con questi nuovi pattern, in modo da mantenere la propria efficienza per evitare che nessuno si faccia carico di donazioni a favore di principi nigeriani in difficoltà mai realmente esistiti.
Ed è proprio qui che arriva in soccorso il Machine Learning. Esattamente come farebbe un essere umano che avesse tantissimo tempo a disposizione, l’algoritmo in questo caso viene “allenato” presentandogli una serie di mail, alcune catalogate come spam, e altre normali.
In questo modo, il modello di Machine Learning imparerà da solo a comprendere quali pattern sono tipici delle mail “reali”, e quali sono invece caratterizzanti delle mail da inserire nello spam.
La differenza sostanziale sta proprio nella capacità di generalizzazione dell’algoritmo, il quale non intercetterà rigidamente soltanto quelle mail che contengono la sequenza “carta di credito”, ma anche quelle che dovessero includere, ad esempio, le parole “tessera di credito”, in virtù del fatto che tale sequenza di parole non è tipica delle mail che vengono considerate accettabili, e quindi non spam.
Il tutto senza bisogno di un intervento manuale, e di un aggiornamento costante del programma con nuove regole, in un loop infinito che porterebbe all’esaurimento sia del fruitore del servizio di mail che del programmatore!
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