Le ossa fossilizzate sono naturalmente fondamentali per comprendere il mondo del passato e le forme di vita che lo abitavano, ma le impronte possono fornirci informazioni sul comportamento delle creature che le lasciarono che le ossa stesse da sole non potrebbero rivelarci.
Una pista lunga 1032 metri
Le orme impresse in quella che oggi è pietra si trovano in quantità ovunque nel mondo e vanno dall’alba della vita ai dinosauri fino ai nostri antenati ominidi; quelle scoperte nel Wyoming, Stati Uniti, vantano una peculiarità: testimoniano lo sfruttamento da parte dei mammiferi dell’ambiente marino, con creature terrestri che si spingevano fino a essere parzialmente sommerse dalle acque della laguna.
Si tratta solo del quarto ritrovamento di un percorso di orme impresse da mammiferi del Paleocene a livello mondiale (due siti si trovano in Canada e un altro in Norvegia), ma con un’età di 58 milioni di anni è anche il più antico, retrodatando il record di 9,4 milioni di anni. È inoltre il più vasto in assoluto sia per area coperta che per numero complessivo di impronte.
La precedente più antica testimonianza di sfruttamento dell’habitat marino da parte dei mammiferi era basata sul ritrovamento di resti ossei
Le orme sono oggi preservate nell’arenaria della Formazione di Hanna, nel sud del Wyoming, e originariamente furono lasciate in sedimenti di varia consistenza, inclusa una piana di marea; nell’area oggi desertica ampiamente nell’entroterra del Nordamerica era infatti presente una laguna di acqua salmastra presso la quale, secondo lo studio delle impronte, si raggrupparono almeno due specie diverse di grossi mammiferi.
Sono state in particolare studiate quattro orme che mostrano chiaramente la presenza di cinque dita mentre due orme ne mostrano quattro. Nel primo caso, a lasciarle potrebbero essere stati dei Pantodonta quali Titanoides, Barylambda, e Coryphodon, mentre le creature a cinque dita potrebbero essere specie ancora non identificate di Artiodactyla o Tapiroidea.
La ricerca: “Earliest evidence of marine habitat use by mammals” di
Anton F.-J. Wroblewski e Bonnie E. Gulas-Wroblewski è stato pubblicato su Scientific Reports.