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L’esercizio fisico aiuta a dormire, anche quando non ce ne accorgiamo

L’esercizio fisico rappresenta sicuramente un fattore fondamentale per chi vuole prevenire o mitigare i problemi legati al sonno. Un nuovo studio ci mostra come sia possibile beneficiare di questo effetto anche senza esserne consapevoli.

All’Università di Tsukuba i ricercatori sono riusciti ad andare oltre la nozione (tutto sommato conosciuta) secondo cui l’esercizio fisico possa essere prescritto come un modo per migliorare la qualità del sonno.

I risultati della ricerca in questione hanno infatti sottolineato che, anche quando l’esercizio determina cambiamenti oggettivamente misurabili, non sempre siamo in grado di percepirli soggettivamente.

Vari parametri del sonno associati ad una dormita migliore, possono cambiare senza che vengano influenzate le nostre sensazioni sulla qualità della nostra notte di sonno.

Il legame tra esercizio e sonno

Come è risaputo, l’esercizio migliora la qualità complessiva del sonno riducendo il tempo necessario per addormentarsi e aumentando la potenza delle onde cerebrali durante il sonno a onde lente, noto anche come sonno profondo.

Tuttavia, gli esperimenti che hanno indagato il legame tra sonno ed esercizio fisico hanno prodotto una serie di risultati spesso contraddittori, probabilmente a causa di limitazioni legate a sistemi di classificazione delle fasi del sonno.

I ricercatori dell’Università di Tsukuba hanno provato ad affrontare la questione attraverso il coefficient of environmental variation (CVE), un metodo statistico utile per analizzare i segnali elettrici del cervello e quindi quantificare la profondità del sonno in base alle caratteristiche delle oscillazioni delle onde cerebrali.

Per compiere lo studio, è stato reclutato un campione di giovani uomini in salute, esaminando gli effetti di 60 minuti di esercizio sulla qualità del sonno, sia attraverso un questionario che la polisonnografia, una particolare strumentazione atta alla rilevazione e alla registrazione di diversi parametri fisiologici.

L’insieme dei dati raccolti è stato poi analizzato con l’approccio CVE per valutare la stabilità del sonno profondo.

I risultati dell’esperimento

I risultati hanno permesso di scoprire non solo come l’esercizio migliori effettivamente la qualità del sonno misurata utilizzando tecniche oggettive, ma anche come sorprendentemente i partecipanti non avessero riportato alcun cambiamento nella qualità del loro sonno durante la compilazione dei questionari.

A tal proposito, i ricercatori hanno quindi ipotizzato che i benefici percepibili di una migliore qualità del sonno potrebbero essere stati contrastati da un aumento nello stress e nel dolore muscolare, soprattutto in virtù del fatto che i partecipanti sottoposti all’esperimento non erano abituati a un esercizio fisico intenso.

Di conseguenza, un esercizio regolare moderato e continuo potrebbe risultare più vantaggioso per la qualità del sonno percepita rispetto a un esercizio intenso occasionale, utile soprattutto a livello fisiologico più che psicologico.

Questi risultati indicano come la struttura del sonno possa essere migliorata con l’esercizio anche senza che se ne abbia consapevolezza, confermandone la possibile applicazione nello sviluppo di trattamenti per vari disturbi del sonno.

Fonti:

“Paper Notebooks vs. Mobile Devices: Brain Activation Differences During Memory” by Keita Umejima, Takuya Ibaraki, Takahiro Yamazaki, and Kuniyoshi L. Sakai. Frontiers in Behavioral Neuroscience

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