Continua il nostro viaggio tra i film candidati agli Oscar 2021. Il processo ai Chicago 7 è una pellicola scritta e diretta da Aaron Sorkin, distribuita da Netflix nelle sale americane e sulla piattaforma alla fine del 2020. Il film racconta il lungo processo intentato dallo stato verso i Chicago 7, ovvero i responsabili (o meglio considerati tali) delle proteste alla Convention Democratica di Chicago nell’estate del ’68.
Trama
Cinque mesi dopo gli eventi della Convention di Chicago, sette tra gli organizzatori della manifestazione (più uno, Barry Seale, anche se non direttamente collegato) vengono trascinati in tribunale dal nuovo procuratore generale. Il processo è a tutti gli effetti un processo politico, in un momento (quello della guerra del Vietnam) in cui la politica ha scesa in piazza ed è diventata quotidiana per un gran numero di persone.
Rappresentati dagli avvocati William Kunstler e Leonard Weinglass, i Chicago 7 e Seale si trovano coinvolti in un processo la cui risoluzione sembra già stabilità. E nel quale ad essere sotto accusa, più che le loro azioni, sono proprio le loro idee politiche.
Il processo ai Chicago 7: un’istantanea delle rivolte del ’68
La prima idea de Il processo ai Chicago 7 risale agli inizi del 2000, da un incontro tra Steven Spielberg e Aaron Sorkin, che ne aveva scritto la sceneggiatura. All’epoca, il progetto naufragò perché considerato poco remunerativo e poco fattibile. È stato però lo stesso Spielberg, quasi un ventennio dopo, a riprendere in mano il progetto e a proporre a Sorkin di dirigerlo.
Il cast pensato all’epoca è stato quasi del tutto modificato, fatta eccezione per Sacha Baron Cohen, che qui interpreta Abbie Hoffman, cofondatore dello Youth international party. Proprio Baron Cohen è il volto iconico di un film che fa dei suoi personaggi (e soprattutto delle loro idee) il punto focale.
La pellicola ha forti connotazioni politiche, e una decisa impronta di critica sociale. Al centro del dibattito c’è ovviamente la Guerra del Vietnam, e gli effetti che ha avuto sull’opinione pubblica, soprattutto quella giovanile. Il film si divide tra un presente ambientato nelle aule del tribunale di Chicago, e un passato raccontato a flashback che illustra i passaggi chiave della manifestazione alla Convention.
Sorkin decide di alternare scene girate e immagini storiche del ’68, creando un particolare e affascinante incrocio tra pellicola narrativa e docufilm. Il risultato è un film intrigante, profondo e decisamente schierato, che viene retto quasi interamente dall’incredibile cast. Tra gli altri, oltre a Cohen, spiccano Mark Rylance nel ruolo dell’avvocato Kunstler, Eddie Redmayne in quello di Tom Hayden e Jeremy Strong nei panni di Jerry Rubin.
Tra le nomination più importanti, il film è candidato a miglior sceneggiatura originale, miglior film, miglior attore non protagonista per Baron Cohen e miglior fotografia.
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