21 Novembre 2024
Tomba_del_tuffatore

La cosiddetta Tomba del Tuffatore rappresenta la più antica testimonianza di pittura greca di tipo figurativo non appartenente all’arte vascolare e costituisce il manufatto di arte funeraria più noto della Magna Grecia. Sin dal momento della sua scoperta presso la colonia greca di Poseidonia (per i Romani Paestum), avvenuta nel 1968, l’opera è sempre stata oggetto di un controverso dibattito scientifico sull’interpretazione dell’immagine che raffigura un giovane che si tuffa nell’acqua: il soggetto vuole alludere al significato simbolico del passaggio all’aldilà oppure nasconde un messaggio misterico legato ai culti di Dioniso e di Orfeo?

Descrizione dell’opera

La Tomba del Tuffatore (datata al 480-470 a.C.) è una tomba a cassa costituita da cinque lastre in marmo travertino, affrescate sul lato interno con soggetti figurativi: sulla lastra di copertura è raffigurato un giovane nell’atto di tuffarsi in acqua (da qui il nome dato alla tomba) da un pilone di pietra; sulle due lastre laterali sono, invece, raffigurate delle scene del simposio (pratica conviviale che seguiva il banchetto), in cui si vedono degli uomini sdraiati sui klinai (tipici letti triclinari dell’antichità greco-romana) mentre si dedicano ad intrattenimenti di vario genere.

Particolari sono le due scene raffigurate sulla parete est e ovest della tomba: la prima raffigura un uomo intento ad attingere del vino con la sua oinochoe (brocca) da un grande cratere decorato poggiato su un tavolo; la seconda raffigura un giovane fanciullo che suona uno strumento musicale (un aulos), seguito da un giovane nudo che accenna un passo di danza ed un uomo barbuto che si regge ad un bastone.

Al momento del rinvenimento, avvenuto ad opera dell’archeologo Mario Napoli, le lastre della tomba erano stuccate fra loro ed all’interno sono stati ritrovati i resti di corredo funerario molto essenziale, costituito da tre vasi di ottima fattura ed una lira. Dopo un’attenta ricostruzione, oggi è possibile ammirare l’intera Tomba del Tuffatore in una visione d’insieme, presso le sale del Museo Archeologico Nazionale di Paestum.  

Iconografia ed interpretazione

Le scene raffigurate nelle pareti più lunghe della tomba rappresentano gli intrattenimenti tipici che si svolgevano durante il simposio. Tra queste, vediamo degli uomini intenti a bere e a conversare ed altri che impugnano degli strumenti musicali (la lira o l’aulo). Molto interessante è la scena che raffigura l’intrattenimento del kottabos, gioco diffuso nell’antichità greca che consisteva nel colpire un bersaglio con il vino rimasto sul fondo della kylix (coppa da vino). Tra gli uomini sdraiati sui triclini, si vede anche una scena di amore omosessuale.

Particolare del gioco del kottabos, parete sud.
Scena raffigurante un eròmenos (amante adolescente) con il suo erastès (amante adulto), parete nord.

Più emblematica, invece, è la scena che raffigura il tuffatore, in cui si vede un uomo nudo che si lancia verso uno specchio d’acqua. La scena allude probabilmente al transito verso l’oltretomba, intesa come il “mondo della conoscenza” che si differenzia da quello della conoscenza terrena, qui rappresentata dalle pratiche del simposio (rito considerato fondamentale per la formazione dell’uomo greco, necessario per introdurlo nella comunità adulta). I pilastri da cui si lancia il giovane, invece, potrebbero alludere alle mitiche colonne d’Ercole che segnano il confine del mondo, mentre lo specchio d’acqua rappresenterebbe il fiume dell’aldilà.

Secondo altre interpretazioni, il tuffo del giovane rappresenterebbe il rituale dell’immersione nell’acqua che possiede un potere purificatore e salvifico e, assieme al banchetto, rimanderebbe ai culti di Dioniso e di Orfeo ed ai riti misterici degli iniziati legati a questi culti (lo stesso defunto era probabilmente un iniziato).

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