Una volta sottomessa Azcapotzalco, il neonato Impero Azteco unì i suoi eserciti per intimidire le città stato e i villaggi nella Valle del Messico e oltre. A differenza dell’Impero Romano però, che imponeva la sua cultura e il suo governo agli stati dominati, l’Impero Azteco adottò un altro approccio.
La Triplice Alleanza: un impero “ad hoc”
Una volta che Azcapotzalco fu sottomessa, la Triplice Alleanza unì i suoi eserciti per intimidire le altre città stato e i villaggi nella Valle del Messico e oltre.
A differenza dell’Impero Romano, che imponeva la sua cultura, la sua lingua e il suo governo agli stati conquistati, il neonato Impero Azteco adottò un approccio “ad hoc”, che sarebbe diventato il tratto distintivo del suo governo.
La Triplice Alleanza infatti era un insieme organizzato di accordi, ma ancora molto informale e mutevole.
Alcune città stato, che erano state conquistate, potevano continuare a mantenere il potere indisturbate, fintanto che rendevano omaggio all’Impero Azteco.
Altre invece, che erano state più “difficili”, che forse quindi avevano combattuto più duramente o avevano ucciso emissari, furono distrutte.
Il popolo Huastec, per esempio, combatté ferocemente contro gli eserciti invasori e pagò un caro prezzo per la sua insolenza.
Secondo un frate spagnolo, che scrisse dell’episodio un secolo dopo, i soldati alleati uccisero anziani e giovani, ragazze e ragazzi, annientando senza pietà tutti quelli che potevano, con grande crudeltà e con la determinazione di rimuovere tutte le tracce del popolo Huastec dalla Terra.
Bottini e tributi sotto forma di donne, guerrieri, cibo, tessuti e materiali preziosi erano condivisi tra Tenochtitlàn, Tlacopan e Texcoco, ma Tenochtitlàn era chiaramente il “partner senior” a causa delle sue dimensioni e del fatto che Itzcoatl era stato il primo ad aver avuto l’idea della Triplice Alleanza.
A causa della sua ormai apprezzata posizione sul lago, Tenochtitlàn crebbe fino a diventare una vivace città mercato, ricca di bottini di conquista e popolata da abili artigiani che soddisfacevano una crescente classe nobile.
L’effetto valanga del sacrificio umano
Ogni cultura antica praticava una qualche forma di sacrificio umano e questa affermazione era quasi certamente vera per gli indigeni delle Americhe, e non solo per gli Aztechi.
Nel Messico del XIV e del XV secolo, i prigionieri di guerra venivano regolarmente sacrificati sia come tributo agli dei conquistatori, sia come monito alle nuove città stato.
Prima di salire al potere come parte della Triplice Alleanza, gli Aztechi non praticarono mai sacrifici umani su larga scala.
Ma poi qualcosa cambiò tra il 1470 e il 1480, quando Tenochtitlàn crebbe fino a diventare la forza dominante del Messico Centrale.
Tenochtitlàn era la regina della montagna e aveva bisogno di mantenere quella posizione.
Decise quindi di usare il terrore come arma per tenere in riga le città stato ribelli. Ben presto gli Aztechi non solo cominciarono a sacrificare una manciata di prigionieri di guerra per soddisfare i loro dei, ma a chiedere tributi a centinaia, o addirittura a migliaia, di giovani per mettersi davanti alla pietra da taglio.
Secondo un documento Nahuatl, i soldati rapivano persone dai territori che l’Alleanza era interessata a conquistare e le portavano al Templo Mayor (Grande Tempio) a Tenochtitlàn per assistere ad uno di questi sacrifici umani di massa.
Quindi rimandavano poi i prigionieri a casa per diffondere la notizia di tutto ciò che avevano visto.
Non tutti però erano favorevoli ai sacrifici e difatti ci sono numerose poesie e canzoni azteche che denunciano la violenza e lo spargimento di sangue.
Ma le classi dominanti e i nobili di Tenochtitlàn non vedevano altro modo per mantenere il loro governo precario e alimentare i loro stili di vita opulenti.
Impero Azteco: sconfitto, ma non distrutto
Ci sono molti miti riguardanti la fine dell’Impero Azteco, come ad esempio che i nemici indigeni degli Aztechi si unirono ai conquistadores spagnoli per schiacciare i loro odiati rivali.
Oppure che gli Aztechi che non furono uccisi con la spada, vennero sterminati da epidemie europee a loro sconosciute, come il vaiolo.
Queste spiegazioni convenzionali sono smentite dai testi storici scritti dagli stessi Aztechi.
Subito dopo la conquista, i frati spagnoli iniziarono ad insegnare l’alfabeto romano ai giovani nobili aztechi in modo che potessero leggere la Bibbia.
Alcuni di quegli stessi giovani raccolsero secoli di storia azteca dai membri della famiglia e dai narratori tradizionali e li scrissero in fonetico Nahuatl.
Ciò che risulta da questi resoconti è che i Tlaxcalani, rivali di lunga data degli Aztechi e che non hanno mai ceduto alla Triplice Alleanza, non hanno subito unito la loro sorte a quella degli spagnoli, anzi.
I Tlaxcalani combatterono le forze spagnole per una settimana prima di decidere, come tanti indigeni americani, che semplicemente non potevano competere con la tecnologia superiore degli invasori.
Anche dopo la morte di Montezuma, avvenuta nel 1520, gli Aztechi combatterono gli spagnoli per un anno. Ma una volta che i Tlaxcalani e gli altri gruppi indigeni si unirono ai conquistadores, il destino degli Aztechi fu segnato.
Tenochtitlàn fu rasa al suolo e numerose Aztechi morirono a causa delle malattie europee, ma quella non fu la fine della storia.
Gli Aztechi che sopravvissero alla caduta di Tenochtitlàn furono costretti a fare pace con la nuova realtà del dominio coloniale.
Come gli autori della storia nahuatl, si piegarono alla volontà dei loro signori spagnoli pur conservando la lingua e le storie che li legavano alla loro cultura un tempo ricca.
Gli Aztechi, insomma, vennero conquistati, ma vennero salvati anche da loro stessi.
Di Francesca Orelli
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