Parliamoci chiaro, tutti noi vorremo poter sapere quando qualcuno mente. Un appuntamento rimandato all’ultimo, una scusa buttata lì per evitare di fare un favore, o la millantazione di azioni che non si sono compiute: le bugie si susseguono ripetutamente nel corso di una giornata, e chiunque pagherebbe per poter comprendere chi sta dicendo la verità e chi no.
Allo stesso modo, i migliori bugiardi sono coloro che riescono a nascondere la verità senza fornire nessun indizio sulle loro vere intenzioni. La prosodia, ovvero l’insieme di intonazione, ritmo, durata e accento nel linguaggio parlato, sembra svolgere un ruolo fondamentale in questo senso.
Lo studio che analizza le caratteristiche comportamentali delle bugie
Gli scienziati del laboratorio Science and Technology for Music and Sound e del Perceptual Systems Laboratory hanno condotto una serie di esperimenti per capire come decidiamo, sulla base della voce, se chi parla sia onesto e meritevole di fiducia, oppure al contrario sia disonesto ed ambiguo.
Lo studio, pubblicato l’8 febbraio su Nature Communications, ha posto come suo obiettivo quello di identificare i fattori chiave nelle voci delle persone che permetterebbero di capire quando qualcuno sta mentendo.
In particolare, gli scienziati hanno utilizzato tecniche di elaborazione del segnale vocale per creare pronunce casuali di parole (tono crescente, tono discendente, ecc.), Quindi hanno chiesto a più gruppi di partecipanti se queste parole fossero pronunciate con onestà.
Prendendo in considerazione le valutazioni dei soggetti, è emerso come la maggiore velocità con cui si parla, la maggiore intensità posta nel mezzo delle parole ed il tono decrescente alla fine delle stesse siano tutti fattori che contribuiscono a farci sembrare onesti.
In sostanza, esprimendosi attraverso una prosodia con queste caratteristiche i nostri ascoltatori tenderanno a giudicarci come persone di fiducia.
Una funzione cerebrale universalmente riconosciuta
Gli sperimentatori, inoltre, hanno anche dimostrato che queste differenze non solo venivano percepite in modo simile in un diverso numero di lingue che andavano dal francese all’inglese e allo spagnolo, ma anche che queste permettevano di registrare più facilmente le parole nel cervello.
Anche quando i partecipanti non stavano giudicando la certezza o l’onestà di chi parlava, questo modo di esprimersi determinava una memoria maggiore per le parole ascoltate.
Dopo aver capito l’importanza della prosodia nel trasmettere informazioni sul valore di una proposizione, i ricercatori stanno ora cercando di comprendere come le persone producano tale prosodia in base alle loro intenzioni.
Cioè che rimane certo, è che non solo quello che diciamo, ma soprattutto come lo diciamo determina la differenza tra la fiducia e la sensazione che il nostro interlocutore ci stia prendendo per i fondelli.
Piuttosto che aspettare l’invenzione di una macchina della verità particolarmente accurata, il modo migliore per riconoscere un bugiardo rimane la capacità di sfruttare la nostra esperienza umana con gli altri, così come di sviluppare rapporti con persone che sono oneste con noi così come noi lo siamo con loro.
Fonti:
“Listeners’ perceptions of the certainty and honesty of a speaker are associated with a common prosodic signature” by Louise Goupil, Emmanuel Ponsot, Daniel Richardson, Gabriel Reyes & Jean-Julien Aucouturier. Nature Communications
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