Da precedenti studi è ormai accertato che sul nostro pianeta periodicamente il polo nord e il polo sud magnetici invertono la propria posizione. La causa di questo fenomeno non è chiara, ma testimonianze fossili datano l’ultimo caso a circa 41.000/42.000 anni fa: questo evento è noto come Escursione di Laschamp.
Sappiamo che nel periodo in cui il campo magnetico rimase invertito esso risultava più debole del 28% rispetto a com’è oggi. Già questo è significativo, ma una nuova scoperta porta alla luce quello che fu un periodo di importanti cambiamenti globali con grandi conseguenze su flora, fauna ed esseri umani che all’epoca abitavano la Terra.
Agathis australis, o kauri: il gigante verde subtropicale
Il kauri neozelandese è un’imponente conifera alta fino a oltre 70 metri e con un tronco che può raggiungere un diametro di 9 metri. Si tratta di alberi longevi, vivono oltre duemila anni, e i ricercatori della University of New South Wales (UNSW) e del South Australian Museum ne hanno recentemente riportato alla luce, dagli strati di sedimenti a Ngāwhā (regione di Northland, Nuova Zelanda), un esemplare del diametro di oltre due metri e mezzo in straordinario stato di conservazione (è presente persino la corteccia) che era in vita negli anni degli sconvolgimenti di cui stiamo parlando. Proprio la serie di cataclismi di 40-50 mila anni fa sommerse intere foreste di kauri creando vere e proprie miniere di legno talmente ben conservato, privo di ossigeno a decomporlo, da apparire oggi come fresco di taglio e usato per la creazione di mobili di grande prestigio (e costo).
I tronchi degli alberi costituiscono un prezioso diario degli eventi climatici lungo migliaia se non milioni di anni di storia della Terra: è possibile trovare preziose indicazioni posizionabili con precisione nel tempo (persino con un’approssimazione di poche settimane, in casi particolarmente favorevoli) a seconda degli anelli, che come ben sappiamo fin dalle scuole elementari svelano chiaramente l’età dell’albero stesso, in cui sono localizzate; è il caso per esempio dei picchi di radiocarbonio (un isotopo radioattivo del carbonio) nell’atmosfera.
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L’analisi dell’antico albero ha portato gli studiosi a identificare in 42.000 anni fa quello che è stato battezzato Evento Geomagnetico di Transizione di Adams, in onore dello scrittore Douglas Adams e del ruolo del numero 42 (la risposta a tutto) nella sua celebre saga letteraria. Ma di cosa si tratta esattamente? Dopo l’Escursione di Laschamps i poli magnetici avrebbero mantenuto la nuova posizione per 800 anni, salvo poi tornare a quella precedente.
Durante questo periodo transitorio la potenza del campo magnetico terrestre sarebbe crollata a un valore compreso fra lo zero e il 6% rispetto a oggi, lasciando l’intero pianeta in balìa di eventi esterni quali le radiazioni solari e i raggi cosmici, con conseguenti fenomeni quali la ionizzazione dell’aria e la distruzione dello strato di ozono che funge da scudo protettivo. Gli esseri umani dell’epoca hanno assistito al massiccio incremento delle tempeste elettriche e allo spettacolo (almeno dal punto di vista visivo) delle aurore non più limitato alle aree in prossimità dei poli ma estese a tutto il globo. E ci è andata ancora bene che ciò si sia verificato durante un Grand Solar Minima (GSM), periodo di più bassa attività sulla superficie del Sole.
Dalle estinzioni di massa all’arte preistorica
Gli effetti sul clima e sull’ambiente sarebbero stati devastanti e ciò spiegherebbe tutta una serie di accadimenti contemporanei che da sempre lasciano perplessi i ricercatori come l’improvvisa estinzione della megafauna in Australia e in Tasmania con il passaggio da ambienti lussureggianti o paludosi ad aridi (e gli esseri umani avevano raggiunto il continente già da molto tempo, forse 20.000 anni) o misteri evolutivi come la scomparsa dell’uomo di Neandertal.
Ma la sparizione dello scudo che ci protegge dai raggi ultravioletti spiegherebbe anche l’improvviso fiorire dell’arte rupestre: le celebri pitture all’interno delle grotte, ben preservate a differenza di quelle realizzate in spazi aperti, nacquero proprio a partire da 42.000 anni fa. L’idea è che i nostri antenati siano stati costretti a cercare rifugio al coperto molto più di prima e anche l’utilizzo della peculiare tinta ocra sarebbe tutt’altro che casuale ma descrittiva dell’uso di rudimentali filtri solari come protezione dai raggi ultravioletti, pratica tutt’ora in uso presso alcune popolazioni.
Lo scenario odierno: un controllo costante
È notizia degli ultimi mesi che il polo nord magnetico sembri soggetto a significativi spostamenti, ricordiamo che non coincide esattamente col polo nord geografico, e il calo del 9% nell’intensità del campo magnetico terrestre nel corso degli ultimi 170 anni potrebbe essere l’avvisaglia di una nuova inversione.
Se ciò accadesse gli effetti sarebbero per noi potenzialmente catastrofici data la sopraggiunta dipendenza dal sistema di reti elettriche, comunicazioni tramite onde radio e via satellite; già l’Evento di Carrington del 1859, nei primi anni di utilizzo del telegrafo, costituì nella sua brevità una sorta di avvertimento sui possibili effetti di una tempesta solare che ci investe direttamente persino in presenza di una campo magnetico stabile.
Naturalmente seguiamo la scienza e rifuggiamo gli allarmismi ma è nel contempo saggio ricordare che un evento inatteso, una crisi dovuta a svariati fattori, potrebbe capitare in qualsiasi momento a prescindere dalla nostra volontà e, pur diffidando di profeti di sventura che senza alcuna base scientifica indicano date precise, è bene fare il possibile per non farsi trovare del tutto impreparati “nel caso in cui”.
Per approfondire: A. Cooper at South Australian Museum in Adelaide, SA, Australia el al., “A global environmental crisis 42,000 years ago”, Science (2021).