Dopo aver analizzato il funzionamento dell’elettroencefalogramma (EEG) da un punto di vista soprattutto “macroscopico”, ed aver compreso le caratteristiche principali di un classico tracciato EEG, il passo successivo sta nell’approfondire come il segnale elettrico prodotto all’interno del nostro cervello venga recepito dagli elettrodi utilizzati per la misurazione.
Tutto nasce dall’attività dei neuroni
Per dare uno sguardo ad i processi che sottendono l’utilizzo dell’elettroencefalogramma, è necessario scendere ad un livello più basso di quello rappresentato dall’encefalo e dalle sue aree, ovvero quello del singolo neurone.
Nel trasmettere tra loro le informazioni, le cellule neuronali producono due tipologie di segnali. Quando facciamo riferimento al potenziale d’azione, indichiamo il segnale che percorre il neurone dalla zona in cui si attiva il segnale (monticolo assonico) fino ai suoi terminali posti alla fine dell’assone, causando il rilascio del neurotrasmettitore.
I potenziali postsinaptici, invece, riguardano il processo innescato dal legame tra il neurotrasmettitore ed il recettore del neurone postsinaptico, il quale determina l’apertura o la chiusura di canali ionici in grado di modificare il potenziale di membrana.
Questi potenziali postsinaptici possono essere a loro volta divisi in potenziali postsinaptici eccitatori (EPSP) e inibitori (IPSP): mentre i primi determinano un ingresso di ioni a carica positiva e l’uscita di quelli a carica negativa, con una conseguente depolarizzazione della membrana, i secondi porteranno ad un processo opposto, che si tradurrà nell’iperpolarizzazione della stessa.
Alla fine, sarà la sommatoria tra EPSP e IPSP a determinare o meno l’innesco di un nuovo potenziale d’azione sul neurone postsinaptico, e il successivo trasferimento delle informazioni ad una terza cellula mediante un nuovo rilascio di neurotrasmettitore.
Rispetto ai potenziali d’azione, della durata di circa un millisecondo e spesso sfalsati tra un neurone e l’altro, i potenziali post-sinaptici sono più lenti e spesso contemporanei. Proprio per questo, la possibilità dei potenziali post-sinaptici di poter essere sommati tra loro costituisce il contributo principale per la generazione del segnale dell’EEG.
Gli elettrodi ed il sistema internazionale 10-20
Gli elettrodi posti sul capo di un soggetto sono in grado, grazie alla loro particolare composizione, di condurre il segnale elettrico proveniente dal cervello. Solitamente, viene utilizzato un materiale altamente conduttivo come l’argento. Inoltre, questi dischetti di metallo vengono coadiuvati da gel conduttivi specifici.
Il numero di elettrodi utilizzati (che può arrivare fino a 256) varia a seconda dello scopo della registrazione, mentre il posizionamento e il nome degli elettrodi solitamente vengono impostati secondo il Sistema Internazionale 10-20 o 10-10; i numeri in questo caso si riferiscono alla distanza tra due punti di riferimento, ovvero inion (prominenza alla base dell’osso occipitale) e nasion (attaccatura superiore del naso).
Ogni posizione dello scalpo su cui viene posto un elettrodo corrisponde solitamente ad una sigla per discriminare l’area (Fp: frontopolare; F: frontale; C: centrale; P: parietale; T: temporale; O: occipitale) e da un numero che identifica l’emisfero (si usano numeri dispari per l’emisfero sinistro e pari per il destro, mentre la lettera z viene usata per la linea mediana).
Attualmente, anche nuovi device meno ingombranti e senza fili vengono utilizzati per sondare le risposte elettriche prodotte dalle popolazioni neuronali, anche se a volte penalizzando la precisione della rilevazione.
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