L’urlo è il titolo riferito ad una serie di dipinti del pittore norvegese Edvard Munch realizzati tra il 1893 e il 1910. L’immagine dell’Urlo di Munch diviene icona della sofferenza umana, non solo a livello personale ma anche collettivo, simbolo di quel sentimento pessimista che può essere ben indicato con l’espressione fin de siècle vissuto dalla società di fine Ottocento – inizi Novecento.
È proprio in questo periodo che in Europa si assiste ad una rottura con il pensiero positivista e progressista ottocentesco e cominciano ad emergere una sensazione di malessere esistenziale ed un clima di tensioni, dovuti in gran parte alla crisi dei valori, all’imperialismo ed all’enorme peso della scienza e della tecnologia che gravavano sulla società e mettevano in dubbio le certezze dell’essere umano. L’opera di Munch, carica di simbolismo ed ispirata alle tele di Van Gogh e Gauguin, contiene di fatto al suo interno quelli che saranno i caratteri principali del linguaggio espressionista.
Come è nato il capolavoro di Munch?
La realizzazione dell‘Urlo è frutto della rielaborazione di un momento particolare vissuto da Edvard Munch, in cui durante una passeggiata al tramonto l’artista ebbe come la sensazione di sentire “l’urlo della natura”. Questo ricordo ci viene raccontato dal pittore in una delle pagine del suo diario personale, che è stato poi rielaborato ed inciso sulla cornice della versione del 1895 con queste parole:
“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un parapetto. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.”
L’elaborazione compositiva di questo ricordo fu molto lunga ed avvenne in seguito a diversi bozzetti e vari tentativi. La prima versione dell’Urlo venne realizzata nel 1893 ed entrò a far parte del ciclo di dipinti intitolato Fregio della vita, a cui si aggiunsero altre tre versioni raffiguranti lo stesso soggetto e la stessa ambientazione, realizzate con tecniche diverse. La versione più nota fra tutte è la seconda del 1893, realizzata in tempera e pastello su cartone e conservata presso la Galleria Nazionale di Oslo.
Descrizione e analisi dell’opera
Al centro del dipinto, in primo piano, vi è una figura stilizzata simile ad un teschio (che rappresenta lo stesso artista e più in generale il concetto di “genere umano”), colta nel momento di un urlo straziante e con entrambe le mani sulle orecchie. La figura, rappresentata a mezzobusto, ha una forma indefinita e si perde assieme al suo grido fra le linee ondulate del paesaggio e del cielo rosso fuoco, esprimendo a pieno la sensazione di malessere esistenziale vissuta dal pittore.
Gli unici elementi che in tutta la scena rimangono immutati sono il parapetto del ponte che taglia in diagonale la composizione e le figure dei due uomini (amici dell’artista) che si allontanano sullo sfondo, restando totalmente indifferenti al grido angosciante del pittore. L’opera di Munch rappresenta, dunque, l’indifferenza delle persone nei confronti del dolore altrui e la falsità dei rapporti umani, e indica in senso più ampio il dramma esistenziale della collettività che vive in uno stato di smarrimento e insicurezza generale.