Vi siete mai chiesti cosa ci sia dietro la sceneggiatura di un film? Quali tecniche usano gli sceneggiatori per tenerci incollati allo schermo per ore? Come fanno a farlo con così grande maestria? Con questo articolo apriamo una nuova rubrica dedicata alla scrittura creativa cinematografica. Un viaggio nelle strutture delle sceneggiature, alla scoperta delle tecniche che si celano dietro i grandi capolavori.
Cominciamo in grande stile con Il codice da Vinci, film del 2006 diretto da Ron Howard. Nel quale compare uno degli strumenti narrativi più intriganti di sempre: la pistola di Čechov (attenzione, l’articolo potrebbe contenere spoiler sul finale del film).
Scrittura creativa e cinema: qual è la relazione?
Nel mondo cinematografico, usare tecniche narrative proprie della scrittura creativa è diventato, con il tempo, quasi indispensabile. Più gli spettatori sono abituati a guardare film, infatti, più si aspettano istintivamente di trovarvi pattern familiari. Un ritmo crescente nella trama, alti e bassi tipici di qualunque storia d’amore, la corsa contro il tempo di quasi tutti i film d’azione e di molte commedie.
Uno sceneggiatore competente, però (e quelli di Hollywood, solitamente, lo sono), nasconde con maestria questi elementi, rendendo difficile scovare gli schemi usati. Trascinati dalla storia, gli spettatori si lasciano infatti travolgere, assopendo in parte la loro attenzione. Ma con un po’ di sforzo, è possibile ritrovare quei pattern, e notarne tutta la sapiente abilità dei loro creatori.
Un esempio? Prendiamo Il codice da Vinci, sceneggiato da Akiva Goldsman.
La pistola di Čechov ne Il codice da Vinci
In scrittura creativa, la pistola di Čechov è una tecnica narrativa che ha lo scopo di preparare il lettore (o nel nostro caso lo spettatore) al colpo di scena. Per farla funzionare, è necessario che nelle fasi iniziali della trama venga menzionato un elemento, di solito apparentemente casuale, che poi trova la spiegazione solo nel gran finale. E che spinge lo spettatore a sgranare gli occhi e a pensare: oh, ecco perché!
Il nome deriva da Anton Čechov, scrittore russo che per primo ha teorizzato l’uso di questo strumento. Secondo Čechov, se una pistola appare all’inizio della storia, quella pistola a un certo punto deve fare fuoco. E lo deve fare in modo eclatante.
Ne Il codice da Vinci, è presente una pistola di Čechov molto potente ma anche molto ben nascosta. Riuscite a individuarla ripercorrendo a mente la trama? Noi ci siamo dovuti ricalare nelle atmosfere del film per scovarla (cosa che non ci dispiace mai, anche a distanza di anni resta uno dei nostri film preferiti). È proprio all’inizio, quando il nostro professor Robert Langdon (interpretato da un impareggiabile Tom Hanks) arriva al Louvre.
Calice e lama sorvegliano l’eletta…
Appena entrato nel museo, Langdon indica la doppia piramide al capitano Fache (Jean Reno) e dice: “Ah, l’accoppiamento di quelle due piramidi è… unico. Creano un’eco geometrica.” Un’osservazione apparentemente casuale, scollegata dal resto della scena. Eppure, in qualche modo Goldsman sta dicendo allo spettatore che quelle piramidi valgono la sua attenzione.
La camera le inquadra qualche secondo, poi vengono dimenticate. Almeno fino al gran finale, quando arriva la rivelazione e si scopre che sono sempre state quello che Langdon cercava. A quel punto, lo spettatore sgrana gli occhi e pensa, invariabilmente: oh, ma è sempre stata lì! E l’effetto è pianamente riuscito. Affascinante, non trovate?
Questa è solo una delle intriganti tecniche usate nel mondo del cinema. Ne scopriremo diverse articolo dopo articolo, in un viaggio nel cuore della narrativa cinematografica che ne svelerà tutti i segreti. Per ora, provate a prendere in mano un altro film e a vedere se individuate una pistola di Čechov. Se sì, scrivetelo nei commenti, non vediamo l’ora di scoprire quali trovate!
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