Nel Medioevo l’insistenza sul celibato clericale (questo prima che la Riforma Protestante intervenisse a scombinare le carte in tavola) ebbe conseguenze funeste e pericolose sull’intera società. I retroscena di una questione che, ancora oggi, viene parecchio dibattuta all’interno della Chiesa Cattolica.
1475: John Stocker, cappellano della Cattedrale di Basilea (Svizzera), venne condannato da un tribunale ecclesiastico.
La sua colpa? Aver commesso sodomia con John Müller, un corista che era anche inquilino di Stocker.
Il chierico, per “giustificare” il suo comportamento, disse che, siccome i rapporti con una donna non sarebbero stati tollerati, poteva avere rapporti sessuali con un ragazzo ed essere comunque considerato un pio sacerdote.
Celibato clericale: una storia “controversa”
Stocker però non era stato il primo e, purtroppo, non sarebbe stato neppure l’ultimo.
Nel 1323, due anni dopo la morte di Dante Alighieri e più di un secolo prima del processo a Stocker, Arnoldo di Verniolle, un suddiacono e apostata francescano di Pamiers (Francia), tentò di sedurre uno scolaro, sostenendo che la sodomia con un altro maschio era un’offesa minore del sesso con una donna.
Diversi secoli dopo, più di un chierico era disposto a spingersi oltre, sostenendo davanti all’Inquisizione spagnola che la fornicazione con i ragazzi non era peccaminosa, ma santa e giusta.
Queste affermazioni sembrano controintuitive. Allora, come oggi, la Chiesa considerava la sodomia tra maschi un reato ancora più grave della fornicazione tra uomini e donne, mentre i tribunali secolari dell’Europa premoderna consideravano comunemente la sodomia come un crimine capitale.
Eppure le opinioni teologicamente aberranti espresse da questi chierici riflettono una realtà che è stata creata proprio da quel requisito per diventare un sacerdote: il celibato clericale.
Matrimonio dei sacerdoti: perché non era (e non è) accettato nel Medioevo?
La sodomia clericale, sebbene sia teoricamente “più peccaminosa”, ha presentato meno sfide alla Chiesa rispetto al matrimonio dei sacerdoti.
Le moglie dei chierici infatti, così come la loro prole, dividevano la lealtà di un sacerdote e, oltretutto, impoverivano le risorse della chiesa.
Inoltre, poiché era quasi impossibile per i preti sposati nascondere le loro famiglie al pubblico, tali rapporti erano, per definizione, più scandalosi.
La sodomia clericale, al contrario, non minava l’impegno di un religioso nei confronti della Chiesa. Infatti, poiché tali rapporti erano spesso quelli che potrebbero essere descritti come “affari interni”, non solo potevano essere nascosti con più facilità, ma potevano anche rafforzare l’impegno di un determinato chierico per la sua vocazione.
Queste dinamiche erano già chiare nel movimento di riforma dell’XI secolo, che cercò di imporre il celibato al clero secolare. Coloro che resistettero a questa imposizione, spesso accusarono i riformatori di condannare i matrimoni onesti e pubblici mentre commettevano furtivamente la sodomia tra di loro.
Il celibato clericale diventa legge, ma cosa ha significato per quel tempo?
Alla fine i riformatori ebbero successo, e il celibato clericale diventò legge, ma cosa ha significato per quel tempo?
Il secondo Concilio Lateranense dichiarò trionfalmente il matrimonio clericale e non più valido nel 1139.
Ma c’è una differenza importante tra la castità – intesa come astinenza sessuale – e il celibato, che significa semplicemente celibe.
Il clero era ora celibe nella misura in cui non poteva contrarre il matrimonio, ma questo non lo rendeva casto.
Al contrario, sulla scia della Riforma, ci fu un fiorire di lettere che celebravano i rapporti amorosi tra il clero e nessuno sforzo per perseguire tali rapporti.
Nel frattempo, i rapporti clericali con le donne diventarono più clericali: le mogli clericali furono definitivamente riclassificate come concubine e attivamente perseguitate.
Non è difficile vedere come il requisito del celibato clericale denigrasse le donne. In effetti, la misoginia era centrale negli argomenti dei riformatori contro il matrimonio clericale.
Le mogli erano agenti del diavolo, la cui sessualità depravata avrebbe inquinato i sacramenti.
Ma il requisito del celibato clericale gravava pesantemente anche su un altro aspetto: i bambini.
La disederazione dei bambini clericali e la comparsa dei primi abusi
La disederazione dei bambini clericali e la loro riclassificazione come bastardi è una delle conseguenze più evidenti di questa riforma.
In modo più nascosto, il celibato clericale svolse un ruolo anche nella promozione di una diffusa cultura degli abusi sui minori.
A causa del più libero accesso da parte del clero ai bambini maschi, quest’ultimi erano anche più a rischio.
Le comunità religiose iniziarono ad accettare bambini, anche molto piccoli, come oblati (letteralmente offerte) da allevare nel monastero, dove da ragazzi sarebbero diventati particolarmente vulnerabili alla predazione sessuale.
Nonostante lo squilibrio tra autorità ed età, molte fonti monastiche tendevano ad incolpare i ragazzi stessi per la “tentazione” che essi offrivano.
Un commentatore della Regola Benedettina stabilì che un bambino, che era stato vittima di stupro, doveva essere picchiato, mentre il suo aggressore doveva sopportare solo una lieve penitenza, specialmente se aveva compiuto l’atto mentre era ubriaco.
Una poesia anonima, scritta nel XIII secolo, cattura questa mentalità quando riflette che:
La morale dei giovani non è corrotta nel chiostro/Spesso i fratelli maggiori vengono molestati da loro./ Chiunque difenda i giovani e non li rimproveri viene spesso ingannato e cade in trappola.
C’erano delle eccezioni. Nel X secolo Odo de Cluny si lamenta che un ragazzo, dato come offerta pura come Samuele, era stato corrotto da “qualcuno che Satana aveva infiammato”.
E nel XII secolo Bernardo di Cluny si lamentava che “le fiamme e l’ardore di Sodoma sono malvagiamente comuni. Nessuno nasconde o reprime questa malvagità.”
I primi passi per fermare gli abusi all’interno della Chiesa
Ma è solo nel 1292 che le autorità dell’Ordine Cluniacense ritennero opportuno affrontare la questione della sodomia, accusando “chi impone il peccato contro natura per malizia al fratello.”
Anche se la sodomia era ampiamente percepita come “il vizio clericale”, i procedimenti penali da parte dei tribunali della Chiesa erano estremamente rari.
I pochi chierici che erano stati perseguiti, avevano provocato uno scandalo pubblico, o erano stati accusati di reati gravi, come l’eresia, e l’accusa di sodomia forniva un’utile conferma della depravazione.
Il caso di John Stocker rientra nella prima categoria, Arnoldo di Verniolle nella seconda.
Di Francesca Orelli
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