Mentre il Sole è una stella di grandi dimensioni piuttosto tranquilla, le più diffuse nane rosse presentano un comportamento inquieto e problematico per eventuali pianeti nella loro orbita.
Sotto certi punti di vista le nane rosse occupano un posto privilegiato sotto l’occhio dei ricercatori di vita su altri pianeti: si tratta infatti di una tipologia di stella estremamente comune nella nostra galassia e vivono molto più a lungo del Sole, con più tempo a disposizione della vita per svilupparsi ed evolversi.
Sebbene definito “Nana Gialla”, il Sole è in realtà più grande del 90% di tutte le stelle della galassia
Il lato negativo consiste nel fatto che queste stelle sono iperattive, con frequenti fenomeni quali l’espulsione di massa coronale che potrebbero investire un pianeta spazzandone via l’atmosfera. A complicare il tutto, in una stella di tali dimensioni e ridotta energia la fascia abitabile (la distanza alla quale l’acqua può permanere allo stato liquido permettendo lo sviluppo della vita) è di ampiezza ridotta e in un’orbita molto più vicina rispetto alla Terra con il Sole.
L’estrema prossimità, più di quanto lo sia Mercurio al Sole, rende un pianeta più soggetto a eventi come quello summenzionato e analoghi problemi legati all’emissione di radiazioni pericolose. Non solo: sempre la vicinanza può portare al fenomeno noto come rotazione sincrona, che porta per esempio la Luna a mostrare sempre la stessa faccia alla Terra.
Il campo magnetico di un pianeta è determinato dalla rotazione del nucleo ferroso allo stato liquido
Un pianeta non ruota quindi su sé stesso abbastanza rapidamente da generare un campo magnetico in grado di proteggerlo dai brillamenti solari. Quello della Terra è ben potente, in rapporto alle dimensioni, mentre Marte ne è ormai privo.
Una nuova ricerca interdisciplinare guidata dalla Northwestern University che ha coinvolto diversi istituti americani apre tuttavia nuove prospettive, portando a ritenere vi siano ulteriori aspetti da considerare.
I ricercatori hanno fatto ampio uso dei dati raccolti da TESS, la sonda “cacciatrice di pianeti” della NASA, comparando la chimica di esopianeti sottoposti di frequente a fenomeni come i brillamenti solari a quella di altri che ne sono immuni; l’ipotesi è che l’atmosfera dei pianeti della prima categoria possa in realtà giungere, sul lungo termine, a trovare un suo nuovo equilibrio chimico.
L’esopianeta in orbita nella fascia abitabile di una nana rossa più vicino a noi è Proxima b, nel sistema Alfa Centauri
Uno degli elementi osservati speciali è l’ozono, la cui importanza per la vita terrestre è nota anche in seguito all’allarme riguardo il suo assottigliarsi nell’atmosfera, soprattutto in corrispondenza dei poli: senza di esso verrebbe infatti fortemente indebolito l’effetto scudo contro le radiazioni ultraviolette dannose per la salute.
Lo studio dei dati di TESS congiuntamente a quelli sullo stato del clima a lungo termine provenienti da altre missioni evidenzia che in diversi casi l’ozono potrebbe non venire eroso completamente da un violento evento stellare. L’eventuale vita sviluppatasi sul pianeta potrebbe in realtà quantomeno lottare per la sopravvivenza, l’effetto dei brillamenti e altri fenomeni stellari avrebbe conseguenze meno devastanti di quanto supposto.
La ricerca di vita nel cosmo avviene perlopiù in modo indiretto, come per la ricerca di tracce di metano nell’atmosfera di Marte
È emersa anche una seconda notizia positiva: proprio i brillamenti che colpiscono l’atmosfera di un pianeta potrebbero aiutare i ricercatori a individuare potenziali tracce biologiche grazie all’occasione di rilevare più facilmente gas associabili alla presenza di forme di vita, come l’acido nitrico, il diossido di azoto o l’ossido di diazoto.
Certo, questo può avvenire in alcune circostanze mentre in altre può addirittura accadere l’opposto, con gas stellari in grado di cancellare o oscurare la presenza di biomarcatori. Esiste anche la possibilità che tempeste di protoni possano rivelare preziose informazioni sulla eventuale magnetosfera del pianeta che investono, fornendo dettagli sulla sua struttura e sul suo comportamento.
Altre ricerche recenti avevano evidenziato quanto possa essere problematico l’ambiente di un pianeta intorno a una nana rossa per la persistenza della vita, ma evidentemente l’universo presenta condizioni estremamente varie e imprevedibili, degne di continui studi approfonditi.
Per approfondire: “Persistence of flare-driven atmospheric chemistry on rocky habitable zone worlds”, Nature Astronomy, 21 dicembre 2020.