Con i suoi cinque metri di lunghezza, non stupisce i ricercatori australiani abbiano deciso di denominare questo coccodrillo preistorico “re delle paludi”!
In effetti sono le stesse dimensioni raggiunte dal più grande coccodrillo odierno, il Crocodylus porosus (noto con vari nomi comuni, da coccodrillo indopacifico a coccodrillo marino), ma persino la semplice analisi visuale del teschio indica trattarsi di una creatura ben più massiccia, una sorta di versione “sotto steroidi” del gigante attuale.
I coccodrilli erano in competizione coi dinosauri e sopravvissero al disastro che causò la loro estinzione
Avremmo potuto imbatterci nel Paludirex vincenti nel corso del pliocene, fra i 2,6 e i 5,3 milioni di anni fa; apparteneva ai Mekosuchinae, una sottofamiglia ormai estinta di coccodrilli vissuti fra l’Eocene e l’Olocene, ovvero da dopo la scomparsa dei dinosauri fino all’arrivo dei primi uomini nell’area dell’Oceania.
Ma questa creatura, i cui primi fossili vennero scoperti da Geoff Vincent nel Queensland australiano negli anni 80, presenta caratteristiche tali da considerarlo un nuovo genus.
Come spiega il dottor Steve Salisbury, paleontologo presso l’Università del Queensland, Brisbane, i coccodrilli sono tipici della fauna del continente da milioni di anni, ma gli “abitanti” attuali, il Crocodylus porosus e il Crocodylus johnstoni, sono relativamente recenti e non vi è traccia di loro per gran parte degli ultimi 55 milioni di anni.
Questo superpredatore era probabilmente in cima alla catena alimentare e in grado di nutrirsi di marsupiali del calibro del canguro gigante, alto tre metri e del peso di oltre duecento chilogrammi, o il diprotodontidae, quadrupede lungo quattro metri vagamente simile nell’aspetto a un rinoceronte (ma comunque anch’esso un marsupiale).
Anche l’Australia milioni di anni fa era molto diversa da come la vediamo oggi
Non sono però chiari i motivi che portarono alla sua estinzione: potrebbe aver perso la competizione evoluzionistica con le altre specie di coccodrillo oppure esser stato vittima dei cambiamenti climatici, col suo ecosistema fluviale pian piano ristrettosi a causa dell’inaridimento del territorio australiano.
Non è da escludere persino il contatto con l’uomo, giunto nel continente nell’ultimo periodo di esistenza di questa gigantesca creatura, possa aver contribuito alla sua fine definitiva.