L’idrogeno è una fonte d’energia versatile e pulita, ma uno problemi principali consiste nell’approvvigionamento: sebbene costituisca il 90% della materia convenzionale dell’universo, sulla Terra è un elemento raro, a sé stante, e va prodotto.
Elementi come l’acqua naturalmente lo contengono, ma per attivare la reazione che scinde le molecole di idrogeno e ossigeno è necessario un procedimento che a sua volta richiede energia. Affinché sia conveniente, deve quindi trattarsi di un processo il più economico ed efficiente possibile.
Alcuni metodi in via di sviluppo si rivelano efficaci ma fanno uso di sostanze rare come il rutenio
Per agevolare reazioni chimiche come quella richiesta si fa uso di elementi catalizzatori, che però più sono efficaci più sono costosi, proprio per via dei materiali impiegati (metalli preziosi), mentre dall’altro lato catalizzatori ottenuti tramite elementi comuni sono meno efficienti e più instabili, rendendo difficoltoso il loro impiego su scala industriale.
Ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory (California) insieme ad altri istituti, sotto l’egida del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, si sono concentrati sull’ottimizzazione di materiali economici e già in uso per la produzione di idrogeno, in particolare il nichel.
Questo elemento fa bene il suo lavoro, ma le molecole tendono ad aggregarsi fra di loro, in una sorta di grumi, riducendo così la superficie a contatto con il fluido da cui estrarre l’idrogeno e riducendo drasticamente l’efficenza del procedimento.
Il team è riuscito a depositare grappoli di atomi di nichel del diametro di 1,5 nanometri (un nanometro equivale a un miliardesimo di metro) su un supporto bidimensionale composto di boro e azoto, all’interno di microscopiche depressioni (sorta di deliberate “imperfezioni” nel materiale) dove restano saldamente ancorati.
Lo schema della griglia in boro-azoto potrebbe ricordare una grattugia su nanoscala
Le performance del catalizzatore sono così notevolmente incrementate grazie alla maggiore superficie di nichel a contatto con l’elemento da cui estrarre l’idrogeno, ma non è solo una questione di design, che pure è importante nel prevenire la formazione di “grumi”: c’entrano direttamente anche le qualità chimiche e termiche del sottilissimo foglio di materiale che funge da struttura d’appoggio.
Misurazioni ultraprecise attraverso sistemi come i raggi X e la spettroscopia unite all’elaborazione di modelli teorici hanno consentito ai ricercatori di individuare cambiamenti nelle proprietà fisiche e chimiche nel foglio bidimensionale quando a contatto con i microscopici grappoli di atomi di nichel, mantenendoli stabili nelle proprie posizioni ed evitando la formazione di strutture più grandi.
Proprio le dimensioni sembrano costituire una delle ragioni dell’efficienza del dispositivo: formazioni così piccole di atomi di nichel si mostrano, rispetto a elementi analoghi di più grandi dimensioni, più rapide nell’attrarre le molecole del liquido da cui estrarre l’idrogeno prevenendo nello stesso tempo la formazione di contaminanti, scarti che potrebbero ostruire i percorsi lungo la superficie dei grappoli.
Questa “pulizia” contribuisce naturalmente a sua volta a incrementare l’efficienza del procedimento di filtraggio dell’idrogeno. L’utilizzo di materiali economici e di agevole produzione è un passo importante, insieme al miglioramento delle tecniche di stoccaggio e distribuzione, per diffondere l’utilizzo di una fonte d’energia dagli utilizzi potenzialmente universali.
Per maggiori informazioni: “Enhanced and stabilized hydrogen production from methanol by ultrasmall Ni nanoclusters immobilized on defect-rich h-BN nanosheets”, apparso il 20 novembre 2020 su Proceedings of the National Academy of Sciences.