21 Novembre 2024
Anomalocaris briggsi

Ricostruzione artistica (Credit: Katrina Kenny) dell'Anomalocaris briggsi, predatore degli oceani di mezzo miliardo di anni fa.

L'Anomalocaris briggsi era una sorta di calamaro-gambero lungo fino a un metro: un grande sviluppo nel senso della vista lo pose in cima alla catena alimentare del Cambriano.

Mezzo miliardo di anni fa il mondo assistette a quella che i paleontologi chiamano Esplosione Cambriana, un improvviso (su scala geologica) fiorire di forme di vita complesse ex novo, accompagnate da una rapida evoluzione di altre già esistenti.

Non esiste accordo fra i ricercatori sulle cause dell’Esplosione Cambriana, sono tutt’ora diverse le ipotesi considerate

Sviluppando ulteriormente due ricerche pubblicate nel 2011 su Nature, un team guidato dal professor John Paterson del Centro per le Ricerche Paleoscientifiche dell’Università del New England in collaborazione con l’Università di Adelaide, il Museo dell’Australia Meridionale e il Museo di Storia Naturale di Londra ha portato alla luce il ruolo determinante svolto dal senso della vista nell’evento di 530 milioni di anni fa.

All’epoca i mari erano dominati da un gruppo di artropodi chiamati Radiodonta (letteralmente “denti radianti”), caratterizzati da appendici segmentate che si protendevano dalla testa in grado di catturare le prede e portarle alla bocca tondeggiante munita di denti seghettati; il corpo era simile a quello di un calamaro e di occhi a stelo in grado di raccogliere in modo efficace la fievole luce che penetrava fino al chilometro sott’acqua dove queste creature prosperavano.

L’eterna lotta per la sopravvivenza

Come spiega Paterson, con lo sviluppo di sistemi complessi di visione si verificò un balzo in avanti nella capacità di interagire con l’ambiente circostante dando luogo a una gara fra predatori e prede, sorta di effetto turbo lungo il percorso dell’evoluzione delle specie che dominavano gli oceani del Cambriano.

I primi fossili di radiodonta furono scoperti un secolo fa, ma si è a lungo trattato di frammenti che si cercava di mettere insieme creando una sorta di “mostro di Frankenstein”. Tuttavia ritrovamenti degli ultimi decenni, inclusi esemplari completi, hanno permesso di meglio ricostruire l’anatomia di queste antiche creature come della loro diversificazione e in parte abitudini di vita.

Emu Bay Shale, una formazione geologica nell’Isola dei Canguri (Australia meridionale) è l’unico luogo al mondo in cui siano state rinvenute lenti degli occhi dei Radiodonta del Cambriano, spiega il dottor García-Bellido, fra gli autori dello studio. I trenta campioni ora in possesso dei ricercatori hanno gettato nuova luce sull’ecologia, il comportamento e l’evoluzione di quelli che erano i più grandi animali dell’epoca.

Lo sviluppo della ricerca: gli occhi degli Anomalocaris, predatori lunghi fino a un metro

Gli occhi del diametro di un centimetro di cui si parlava nelle ricerche del 2011 hanno oggi un proprietario, un nuovo genere di Anomalocaris briggis cui deve ancora essere ufficialmente attribuito un nome. I ricercatori hanno poi ritrovato occhi grandi fino a quattro centimetri, dotati di un sistema di lenti in grado di amplificare la risoluzione delle immagini e la quantità di luce catturata.

Guardando verso l’alto, l’Anomalocaris briggsi riusciva a localizzare il plankton per poterlo catturare grazie alla sorta di filtro costituito dalle appendici irte di piccoli aculei.

Secondo il dottor Greg Edgecombe del Museo di Storia Naturale di Londra e anch’egli fra gli autori dello studio, le strategie di predazione attraverso le appendici, attuate tramite filtraggio o cattura, si diversificano in parallelo con lo sviluppo degli occhi: i predatori hanno occhi posizionati su un sorta di stelo mentre chi si nutriva tramite filtraggio li ha attaccati alla superficie della testa.

Più ampliamo la conoscenza su questi animali, più appaiono evidenti le differenze nella struttura del corpo e dell’adattamento all’ecologia, conclude il dottor Edgecombe.

Fonti:

“Disparate compound eyes of Cambrian radiodonts reveal their developmental growth mode and diverse visual ecology” di John R. Paterson, Gregory D. Edgecombe e Diego C. García-Bellido, 2 dicembre 2020, Science Advances.

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