21 Novembre 2024
Avamposto lunare

Questa immagine NASA (2006) illustra il concetto di avamposto sulla Luna. Nella loro progettazione particolare importanza dovrà essere prestata all'effetto delle radiazioni sia in condizioni normali che eccezionali (come durante i brillamenti solari).

Uno studio basato sui dati raccolti dal rover cinese Chang'E 4 illustra i problemi relativi alle radiazioni sul suolo lunare, in caso di lunga permanenza da parte di esseri umani.

La missione Artemis prevede il ritorno dell’uomo sulla Luna nel 2024 o 2025 ed è recente la notizia dell’accordo fra la NASA e l’ASI, Agenzia Spaziale Italiana, che include fra le altre cose l’affidamento al settore aerospaziale del nostro Paese la realizzazione di moduli abitativi destinati a missioni di lunga durata. Ma fin dall’inizio dell’avventura lunare vi è l’incognita delle radiazioni sulla superficie del nostro satellite.

Le emissioni di massa coronale da parte del Sole sarebbero state un rischio se si fossero verificate durante lo svolgimento delle missioni Apollo

Ciò in condizioni normali non rappresenta un pericolo se la permanenza di esseri umani dura pochi giorni, ma se ne deve necessariamente tener conto in caso di missioni a lungo termine, con astronauti insediati in una base permanente sulla Luna. I progetti già ci sono (non solo da parte della NASA) e ora abbiamo finalmente dati precisi sui problemi cui andremo incontro, sotto questo punto di vista.

La ricerca pubblicata su Science Advances riguarda i dati raccolti dal lander cinese Chang’E 4 e un team composto da scienziati cinesi e tedeschi ha concluso che il livello di radiazione sul suolo lunare è fra le due e le tre volte superiore a quello riscontrato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale; il che implica una durata massima della permanenza umana non superiore a due mesi (considerando anche le radiazioni cui si è sottoposti durante i viaggi di andata e ritorno). A meno di prendere opportune contromisure.

Sul nostro pianeta una bolla ci protegge!

Noi a Terra siamo schermati dalle radiazioni cosmiche grazie alla presenza del campo magnetico terrestre e in parte anche dell’atmosfera, ma più saliamo più essi si assottigliano e di conseguenza l’effetto-scudo: così già a 10.000 metri troviamo una quantità di radiazioni da cinque a dieci volte maggiore rispetto alla superficie. Siamo ancora ampiamente entro i livelli di sicurezza, naturalmente, ma potremmo dire “I viaggi aerei intercontinentali sono comodi, ma non ci vivrei!”.

La Stazione Spaziale Internazionale orbitando a 400 chilometri dalla superficie terrestre gode ancora di una parziale protezione dovuta al campo magnetico planetario, ma Chang’E 4 nel 2019 ha registrato 1,369 microsievert (il sievert è un’unità di misura basata sugli effetti delle radiazioni su un organismo) sulla superficie lunare, ovvero duecento volte la media riscontrabile sulle superficie terrestre.

Come proteggersi? Dai materiali da costruzione ad hoc alle basi sotterranee

Secondo il dottor Robert Wimmer-Schweingruber dell’Università di Kiel, fra gli autori della ricerca, una soluzione per permettere agli astronauti di risiedere e lavorare nei moduli lunari per periodi di tre mesi o più consistente nel ricoprirli (i moduli, non gli astronauti) con una sorta di cappotto costituito di suolo lunare, spesso 80 centimetri.

Naturalmente il problema generale delle radiazioni era già noto e fra le alternative da prendere in considerazione vi sono anche lo sfruttamento di caverne naturali sotterranee, sulla Luna come su Marte, mentre per i viaggi spaziali di lunga durata (proprio nel caso di una missione umana verso il Pianeta Rosso, per esempio) si potrebbe fare uso di acqua all’interno delle paratie del veicolo, poiché questo per noi familiare liquido costituisce una protezione davvero efficace.

Quel che è certo è che sarà necessario tenere conto del problema e oggi è possibile studiare opzioni mirate, grazie a una precisa misurazione del fenomeno a opera dei ricercatori.

Di Corrado Festa Bianchet

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