Viaggio, famiglia, speranza. Questi gli ingredienti vincenti di Away, nuova space-opera di casa Netflix. Nel cast, brillano volti noti come Hillary Swank e Josh Charles, ma anche attori finora poco conosciuti come Ray Panthaki. Il regista, Jeffrey Reiner, ci regala 10 puntate all’insegna della tensione e della commozione.
La bellezza dello spazio, la crudeltà del vuoto
Riassumere la serie in poche parole è semplice quanto intrigante:
Cinque astronauti di nazioni differenti si imbarcano per il primo viaggio umano in direzione del Pianeta Rosso. Ad attenderli, non solo prove fisiche, ma anche e soprattutto sfide mentali. Quanto sarà dura resistere a tre anni di necessaria e dolorosa separazione da coloro che si amano? Riusciranno questi astronauti a mettere da parte le loro differenze e a collaborare?
Away racconta un’umanità fatta di speranza, di tenacia e di nostalgia. Andrew Hinderaker, ideatore della serie, ci guida alla scoperta di Emma Green, Wang Lu, Misha Popov, Kwesi Weisberg-Abban e Ram Arya, cinque astronauti ultra addestrati che lasciano indietro tutto per rincorrere un sogno, consapevoli che potrebbero non realizzarlo mai.
In Away è infatti il viaggio a costituire il cuore della narrazione. Un viaggio al contempo fisico, attraverso lo spazio, ed emotivo, nella profonda intimità di ogni personaggio. Ogni ostacolo che si frappone tra gli astronauti e Marte è una prova spirituale che questi devono affrontare. E ciò che vediamo raccontato nella serie è un’umanità che riscopre se stessa nella contrapposizione con la fredda crudeltà del vuoto.
Away e l’umanità nelle relazioni
A colpire più di tutto è il messaggio di Away: le relazioni sono ciò che ci caratterizza come essere umani. È con questo assunto che la serie, fin dal principio, sembra volersi differenziare dalle altre space-opera alle quali siamo abituati. La serie ci sorprende, infatti, con quasi 10 ore in cui l’azione cede il passo al sentimento, e l’eroismo si fa da parte per accogliere l’empatia.
Non aspettatevi geniali risoluzioni alla The Martian, né intricati viaggi matematici alla Interstellar. La prima stagione di Away racconta la forza di carattere e il coraggio che gli esseri umani sono capaci di tirar fuori quando sono insieme. E quando le barriere date dalle differenze nazionali cedono il passo in favore della cooperazione.
L’incontro tra tecnica e narrazione in Away
Reiner sceglie di tenere in primo piano il messaggio. La sua regia si adatta dunque al tenore della narrazione, regalandoci 10 puntate morbide e prive di vezzi registici. Eppure, riesce comunque a colpirci in due o tre scene indimenticabili, prima fra tutte l’EVA della nona puntata nella bellissima nevicata di ghiaccio solidificato.
Colonna sonora e fotografia eccellenti chiudono il pacchetto, regalandoci un prodotto che è bello sia da vedere che da ascoltare. Inutile dire che occorre munirsi di fazzoletti prima di iniziare la visione: non scherziamo quando diciamo che commovente è l’aggettivo che più ci è rimasto impresso alla fine della visione di Away.
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