Radioactive, la più recente fatica di Marjane Satrapi, è arrivato in sordina a causa della quarantena, perdendo tutto lo slancio acquisito al TIFF. Ma questo non ci ha impedito di recuperarlo on demand, curiosi di conoscere il risultato di questo connubio tra stile sperimentale e biopic tradizionale. A ispirare la nota autrice di Persepolis, in Radioactive è niente meno che Marie Curie, la donna che sulla radioattività ha forgiato una vita intera. Una figura che, fino ad ora, aveva conquistato ben poco spazio sulla scena cinematografica.
Trama
Maria Skłodowska è una giovane scienziata polacca approdata a Parigi per coltivare il suo sogno: scoprire come funziona il mondo. Inizialmente solitaria e ostinata, la sua vita cambia quando incrocia quella di Pierre Curie. Da quel momento, le loro ricerche diventeranno una. Radioactive è la storia della scoperta della radioattività, ma è anche il racconto di due vite destinate a cambiare il mondo.
Un viaggio nella storia della Radioattività
Le ricerche di Marie e Pierre Curie hanno forgiato il mondo che conosciamo; ma chi c’era davvero dietro le dense formule che ricoprivano le lavagne, dietro le ore trascorse a macinare minerali per estrarre minuscole quantità di elementi sconosciuti?
Marjane Satrapi, e con lei lo sceneggiatore Jack Thorne, sembrano avere in mente un duplice obiettivo. Il loro Radioactive è infatti al contempo un viaggio nella storia della radioattività e in quella delle menti che l’hanno resa realtà. In un biopic all’apparenza tradizionale ma costellato di flashforward e rappresentazioni in CGI, viene raccontata la vita dei Curie, le loro scoperte sull’atomo e sul decadimento radioattivo. Ma il film si spinge oltre, mostrando gli effetti futuri delle loro ricerche.
Il risultato è una storia frammentata e a tratti destabilizzante. Accelerato in molte parti, spesso quelle davvero interessanti, Radioactive sembra volersi concentrare più sulle gravi conseguenze della radioattività che sulla storia di chi l’ha studiata. Come a metterci in guardia: ogni grande risultato porta con sé un prezzo molto salato.
Un messaggio che, però, fatica a integrarsi con la narrazione, e che lascia l’amaro in bocca e tanta, troppa confusione.
Radioactive e il genio ribelle di Marie Curie
Alla fine del film, resta sospesa una domanda: chi era davvero Marie Curie? La Satrapi, fiera femminista che qui sembra però aver perso un colpo, la dipinge come una donna ostinata, pioniera per certi versi ma tradizionale per troppi altri.
Scostante prima e devastata dalla perdita del marito poi, la osserviamo arrendersi e mettere da parte tutto, mentre il genio ribelle che la Satrapi ci aveva promesso si spegne per lasciare spazio a una sua pallida e deludente versione. Neanche l’ottima recitazione della Pike riesce a salvare un personaggio costruito male fin dal principio.
Sul finale, la vediamo perfino chiedere scusa per l’uso che i posteri faranno della sua scoperta. Quasi che la Satrapi e Thorne volessero offrire al mondo una difesa della scienziata e delle sue scoperte.
Una difesa della quale, a nostro avviso, nessuno aveva mai sentito il bisogno.
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