Proviamo ad immaginare il Panopticon: una struttura circolare, più precisamente un carcere. Ogni cella è disposta a formare un cerchio, con una finestra che dà verso l’esterno ed una verso l’interno. Al centro dell’edificio è presente una torre dove risiede il custode, incaricato di controllare i carcerati.
Il Panopticon, il cui nome fa riferimento al gigante della mitologia greca Argo Panoptes, descritto come un abilissimo guardiano dotato di 100 occhi, non è altro che una struttura ideata dal filosofo e giurista Jeremy Bentham nel 1791.
Concepito come carcere ideale, il progetto di Bentham aveva come obiettivo quello di instillare un modello di ordine e disciplina in maniera automatica nei prigionieri che vi fossero stati rinchiusi.
Essere osservati senza poter vedere: il potere mediante l’inverificabilità
I prigionieri, infatti, sapendo di poter essere osservati in qualsiasi momento dal custode a causa della struttura radiocentrica dell’edificio, sono costretti ad eseguire i lavori che gli sono stati assegnati, diventando elementi produttivi della società.
Il potere descritto, in tal senso, passa strettamente dal contrasto tra il non vedere e l’essere osservati. I carcerati, attraverso la finestra che dà sul lato interno della prigione, diventano consapevoli che qualcuno potrebbe osservarli, senza però poter verificare l’effettiva sorveglianza.
Secondo Bentham, alcuni anni di questo trattamento sarebbero bastati a trasformare, di fatto, il carattere dei prigionieri, attraverso “un nuovo modo per ottenere potere mentale sulla mente, in maniera e quantità mai vista prima”.
Il Panopticon in letteratura: da Orwell a Foucault
Dal punto di vista letterario, il concetto di Panopticon ha ispirato diversi autori che hanno utilizzato le idee di Bentham per analizzare il potere e le sue diverse forme all’interno della società moderna.
Già nel 1949, George Orwell aveva pubblicato 1984, romanzo distopico le cui vicende sono ambientate in uno stato totalitario governato dal Grande Fratello, un organo supervisore che attraverso un’organizzazione paramilitare poliziesca denominata Psicopolizia è in grado di manipolare internamente il popolo con metodi feroci.
Attraverso i teleschermi posti nelle abitazioni di tutti i cittadini, il Grande Fratello osserva e analizza attentamente ogni gesto, espressione facciale o suono per estirpare sul nascere qualsiasi accenno di ribellione al regime imposto.
Michel Foucault, nel suo Sorvegliare e puniredel 1975, utilizza la struttura ideata da Bentham come metafora di un potere nuovo, basato su burocrazia e tecnologia, che non si presenta più come osservatore dall’alto, ma piuttosto intesse una ragnatela di relazioni molteplici, controllando la società dall’interno.
Il panoptismo, quindi, sarebbe definibile come un sistema che fa delle sue armi principali il controllo capillare di ogni spazio e la non verificabilità del controllo stesso: se anche il guardiano non osservasse i detenuti, o se addirittura non fosse mai stato presente, questi sarebbero comunque costretti, nel dubbio, a rispettare la sua autorità.
Il fallimento pratico del “potere invisibile” del Panopticon
Questa idea di “potere invisibile”, messa anche in pratica dal filosofo inglese in una sua fabbrica nella quale venivano impiegati carcerati, ebbe talmente tanto successo da risultare, alla fine del ‘700, nella costruzione di una prigione con queste caratteristiche a Millbank (Londra).
Nonostante l’entusiasmo, però, il risultato fu soprattutto l’innalzamento del tasso di malattie mentali (in particolar modo di casi di schizofrenia) all’interno del nuovo istituto.
Nel tempo, altre strutture carcerarie sono state erette ricercando un’improbabile ispirazione nelle idee di Bentham. Tra queste alcune sono presenti in Italia, come l’ex ospedale psichiatrico di San Niccolò, a Siena, ed il carcere di Santo Stefano, nelle Isole Ponziane, entrambi in disuso.
di Daniele Sasso
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