Quattro ondulazioni per una durata inferiore al decimo di secondo. Non sembra nulla, eppure significa che gli astronomi hanno, per la prima volta, assistito alla nascita di un buco nero di massa intermedia.
Il rilevamento è avvenuto il 21 maggio 2019 attraverso i due interferometri cacciatori di onde gravitazionali, LIGO negli Stati Uniti e Virgo in Italia.
Un buco nero può essere supermassiccio come M87, di cui proprio nel 2019 fu resa pubblica la storica immagine. Questa tipologia vanta una massa da centinaia di migliaia a miliardi di soli e i processi di formazione non sono ancora dei tutto chiari. Ne sono stati individuati al centro di molte galassie, incluso Sagittarius A* nella Via Lattea.
I buchi neri stellari hanno invece una massa dell’ordine delle decine di soli e si formano dal collasso di una stella al termine della propria vita: quando essa non è più in grado di produrre tramite fusione nucleare un’energia sufficiente a contrastare la forza di gravità l’equilibrio si spezza, la parte interna si comprime nel giro di frazioni di secondo e gli strati più esterni “rimbalzano” su di esso innescando un’esplosione che chiamiamo supernova.
Una stella per evolversi in buco nero deve possedere una massa pari a 1,44 volte quella del Sole, il Limite di Chandrasekhar
Se la massa della stella è sufficiente, essa può evolversi allo stadio di buco nero stellare, ma vi è tuttavia un’altra barriera: una stella con una massa fino a 130 soli può generare un buco nero di massa pari a circa 65 soli, ma se la stella è dotata di una massa superiore durante il processo i fotoni altamente energetici si convertono in materia, riducendo la pressione esercitabile sulla stella morente che quindi non può convertirsi in buco nero ma si destabilizza dando avvio a nuove reazioni nucleari e infine disgregarsi in un’esplosione.
Questo viene però evitato se la stella presenta una massa superiore ai 200 soli, che dà vita a buchi neri con massa di 120 soli o più. Secondo le conoscenze delle leggi di fisica attuali non possono quindi formarsi buchi neri di massa superiore alle 65 e inferiore alle 120 masse solari.
Quella rilevata da LIGO e Virgo è però la collisione fra un buco nero di 66 masse solari e un altro di 85, che rientrano nella fascia di instabilità e non dovrebbero esistere. Ma proprio dalla fusione di questi due buchi neri ne è nato uno massiccio 142 volte il Sole.
Assistere “in diretta” alla formazione di questo buco nero ci dice che i due oggetti da cui deriva probabilmente erano a loro volta nati allo stesso modo, ciascuno dalla collisione fra due buchi neri stellari con una massa entro i limiti previsti dalla teoria.
Un messaggio partito molto prima della nascita del Sistema Solare
Nel momento in cui si è verificata la fusione, una quantità di massa pari a sei volte il nostro Sole è stata improvvisamente convertita in energia generando increspature che si sono propagate nel tessuto dello spaziotempo come le onde circolari in uno stagno quando vi cade una pietra.
Onde in questo caso gravitazionali, appunto, rilevate sette miliardi di anni dopo da LIGO e Virgo, qui sulla Terra. Perché a tanto risale l’evento, mentre la distanza è pari a 17 miliardi di anni luce (il tessuto che forma lo spaziotempo si sta tutt’ora espandendo, questo spiega la differenza fra i due valori), facendone l’esplosione più potente e distante finora rilevata dai due giganteschi strumenti scientifici.
Di Corrado Festa Bianchet